Cesena, crac Sapro. Il pm: "Soldi pubblici dissipati per anni"

Al processo la dura requisitoria del pm Filippo Santangelo

Il pubblico ministero Filippo Santangelo

Il pubblico ministero Filippo Santangelo

Cesena, 10 aprile 2018 - È entrato nella fase conclusiva, quella della discussione, il processo per la bancarotta di Sapro, la finanziaria creata dagli enti pubblici della provincia per favorire lo sviluppo degli insediamenti produttivi, fallita nel 2010 sotto il peso di una montagna di debiti, oltre 110 milioni di euro.

Dopo le ultime richieste istruttorie, che per la maggior parte dei 22 imputati ha visto allungarsi l’elenco dei capi d’imputazione con la nuova accusa di ricorso ingiustificato al credito bancario, che si aggiunge a quelle di bancarotta semplice pluriaggravata, bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale per dissipazione, il pubblico ministero Filippo Santangelo ha iniziato la sua lunga requisitoria (tempo previsto quattro ore), ma si è fermato prime delle conclusioni e delle richieste di condanna o di assoluzione, riservate alla prossima udienza.

Il sostituto procuratore Filippo Santangelo (che in questo periodo regge la Procura della Repubblica in attesa della nomina del nuovo procuratore) ha analizzato con cura la storia di Sapro partendo dal 1994, quando il consorzio creato dagli enti locali fu trasformato in società per azioni. Nei primi anni la società era in equilibrio e non aveva debiti con le banche, ma nel 1997, quando fu assunto il direttore generale Bruno Lama, la strategia aziendale cambiò radicalmente con acquisizioni sempre più numerose di terreni agricoli da trasformare in insediamenti artigianali. Così i debiti con le banche aumentavano e il peso degli interessi incideva sempre più: nel 2003 era già di 2,5 milioni, nel 2010, l’anno del fallimento, era arrivato a 25 milioni.

Come esempio paradigmatico, il pubblico ministero Santangelo ha portato la vicenda dell’ex Irs di San Piero in Bagno, un calzaturificio dismesso: l’area era divisa in tre porzioni, due delle quali già di proprietà di Sapro, e nel 2006 la società acquistò la parte che mancava da Werter Cornieti (successivamente deceduto) per sei milioni di euro. In realtà le trattative furono condotte da Alessandro Alberani, socio di Cornieti e Germano De Biagi nella società Verde Savio che contemporaneamente acquistò la Sapro un terreno da 350mila euro (poi retroceduto).

Sapro veniva da due anni in cui non c’erano state vendite e c’erano già stati richiami a non acquistare ulteriori terreni, ma l’acquisto dell’ex Irs fu approvato all’unanimità dal consiglio d’amministrazione. L’area era stata finanziata dalla Cassa di Risparmio di Cesena che dopo il fallimento l’acquistò per limitare le perdite, ma a tutt’oggi è ancora abbandonata.

Per la conclusione della requisitoria e le richieste di condanna (o assoluzione) dei 22 imputati sarà necessario attendere il pomeriggio di lunedì 23 aprile.