
Alessandro Cinti Luciani, psicologo e psicoterapeuta, è laureato in psicologia e filosofia
Dottor Alessandro Cinti Luciani, psicoterapeuta, sono aumentati negli anni i giovani che si rivolgono agli psicologi?
"Sì, sono aumentati. Soprattutto dopo il Covid c’è stato un aumento del numero di giovani e adolescenti, ma anche di adulti, che hanno avuto accesso allo studio dello psicoterapeuta".
Cosa ha portato all’aumento delle richieste?
"E’ venuto meno il pregiudizio sulla figura dello psicologo, in parte dovuto al discorso legato al Covid che ha sdoganato la figura dello psicologo come figura d’aiuto. Gli psicologi hanno iniziato a lavorare in maniera assidua nelle scuole e genitori, docenti e studenti, hanno iniziato sempre più a vedere la figura dello psicologo come un professionista della salute come altre figure".
Quali sono i disagi raccontati dai giovani?
"La maggior parte dei giovani manifesta una problematica di ansia e attacchi di panico collegati all’assenza di un desiderio chiaro e preciso, senza una motivazione, uno scopo o un obiettivo chiaro. Quando questo manca emergono spesso sintomi come quelli ansiosi. Questi sintomi si portano dietro tutta una serie di altre problematiche, come quelle emotive nelle relazioni interpersonali".
Le età dei giovani che si rivolgono allo psicologo qual è?
"In genere si rivolgono con consapevolezza e una scelta mirata sempre più adolescenti dai 14 ai 19 anni con l’obiettivo di lavorare su contenuti psicoemotivi".
C’è una responsabilità dell’uso smodato di cellulari e device nell’isolamento dei giovani?
"Quelli che noi chiamiamo nativi digitali sono letteralmente nati e ‘immersi’ da subito in strumenti come internet e i social. Questo ha creato fenomeni come estrema difficoltà di attenzione, concentrazione, che provocano a loro volta una sintomatologia ansiosa persistente. I ragazzi spesso sono e si percepiscono distaccati dalla realtà. Molti adolescenti che incontro vivono in maniera più agiata all’interno della vita ‘online’ che ‘offline’, ossia la vita vera".
I genitori dovrebbero seguire di più i ragazzi e controllare i loro cellulari?
"Ritengo che vada fatta una distinzione sulla base dell’età. Se noi parliamo dei ragazzi fino ai 13-14 anni, una forma di controllo deve poter essere attuata. Perché in quel periodo il giovane ha bisogno di limiti e confini, e di una forma di indirizzamento che il genitore deve dare. Se parliamo del giovane sopra i 14 anni l’eccesso di controllo e di limiti crea spesso rotture dell’alleanza e della fiducia col genitore".
Si vergognano i giovani a dire che vanno dallo psicologo?
"Ho notato negli ultimi dieci anni un cambiamento graduale di questa emozione. Non solo i giovani non si vergognano ma spesso sono loro stessi a chiedere al genitore di poter seguire un percorso" dallo psicologo".