"Senza microchip siamo perduti"

Il professor Enrico Sangiorgi guiderà il team di nove superesperti nominati dal ministero dell’Università

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È stato affidato a un docente del Campus di Cesena il delicato ruolo di coordinatore del Tavolo tecnico sui semiconduttori di nuova generazione, recentemente istituito dal Ministero dell’università e della ricerca con l’obiettivo di rafforzare le potenzialità produttive nel settore dei cosiddetti ‘microchip’. Enrico Sangiorgi, docente di Elettronica al Dipartimento di ingegneria dell’energia elettrica e dell’informazione, coordinerà dunque i lavori dei nove superesperti italiani invitati dal Ministero (fra loro anche un altro docente UniBo, Luca Benini).

Professor Sangiorgi, che funzione avrà il Tavolo tecnico nei mesi a venire?

"Darà seguito al cosiddetto ‘Chips Act’, un documento proposto lo scorso 8 febbraio dalla Commissione europea agli stati membri. Contiene una serie di misure che dovrebbero condurre, auspicabilmente, all’adozione di una ‘legge europea sui semiconduttori’".

Una legge invocata da tempo per migliorare la catena di fornitura dei semiconduttori.

"Già la pandemia ha drammaticamente scoperchiato la fragilità di gran parte dei settori strategici europei, ulteriormente aggravata dalle recenti tensioni sui mercati internazionali. Basti pensare all’automotive: in Germania, nel 2021, è stato prodotto lo stesso numero di auto del 1975. La causa è proprio la carenza dei semiconduttori, fondamentali per realizzare qualsiasi componente elettronica".

Oltre all’automotive, chip e microchip sono praticamente ovunque.

"Senza chip si fermerebbero sanità, difesa, automazione e, ovviamente, tutti i dispositivi che utilizziamo tutti i giorni per comunicare e lavorare, dai pc a tablet e smartphone. Le nostre esistenze finirebbero per essere paralizzate".

Quanti semiconduttori si producono attualmente in Europa?

"Circa la metà di quelli necessari. Abbiamo alcune eccellenze, come l’italo-francese ST Microelectronics, fornitrice di chip per Tesla. Ma si dovrebbero avviare al più presto nuove fabbriche avanzate, soprattutto per ovviare a eventuali problemi con gli impianti di Taiwan, principale produttore mondiale (come già successo durante l’emergenza sanitaria)".

La preoccupano le recenti tensioni fra Cina e Taiwan?

"Se la situazione dovesse degenerare, le conseguenze per tutto il mondo sarebbero molto serie".

Come siamo arrivati a questa dipendenza nell’ambito delle tecnologie elettroniche?

"Il più grande errore commesso dall’Italia – e, in generale, dall’Europa – negli ultimi 30 anni è stato credere che si dovesse affidare ad altri Paesi una produzione strategica come quella dei semiconduttori. Non si tratta di semplici ‘oggetti’, ma di veri e propri contenitori di intelligenza artificiale, dall’elevato valore aggiunto. Potremmo definirli la tecnologia più vincente di questo secolo".

Che ruolo può giocare l’università in questi nuovi scenari?

"Intanto, la collaborazione già in essere con ST Microelectronics sta facendo emergere ottime potenzialità, soprattutto in vista del completamento dell’Emilia-Romagna Data valley, nuovo polo regionale per la ricerca e l’innovazione. I progetti sono tanti, ma al momento i laureati in Ingegneria elettronica sono troppo pochi rispetto alle necessità. Il nostro Paese ha urgente bisogno di talenti che lavorino a questa tecnologia, il cui mercato mondiale è balzato, negli ultimi 3 anni, da 300 miliardi a 600 miliardi di dollari".

Maddalena De Franchis