Sferisterio, pallone e risse L’antenato dello stadio

Nel maggio del 1810 fu inaugurato il campo per il gioco della palla al bracciale. Le partite appassionavano nobili e popolani. E già allora c’era aria di derby.

Sferisterio, pallone e risse  L’antenato dello stadio

Sferisterio, pallone e risse L’antenato dello stadio

di Gabriele Papi

Il 10 maggio 1810 veniva inaugurata sul colle della Rocca Malatestiana l’arena per il gioco del pallone: quello con il bracciale, lontano progenitore del tennis. Allo stesso modo lo sferisterio - che c’è ancora- fu l’antenato degli stadi: la parola sferisterio viene direttamente dal latino e dal greco in cui significa ‘luogo in cui si gioca con la palla’, la sfera. Prima questo sport si giocava in piazza grande: c’è ancora, in alto sul torrione che guarda il palazzo comunale un’iscrizione che ricorda uno spettacolare ‘fuori campo’ tirato dal lato opposto della piazza. L’iscrizione, che si può leggere con un binocolo, a meno di non essere piccioni, dice: "Qui solo col palone battendo giunse Gaetano Famelume", gran battitore.

Quel gioco fu in auge sin dal Rinascimento: praticato in Toscana, Romagna, Marche, Piemonte per poi diffondersi. Il bracciale era un manicotto di legno duro costellato di punte dentate: pesava due chilogrammi, simile a uno strumento di tortura medioevale, ma serviva solo a mo’ di racchetta, per battere e ribattere la pallina. Mica tanto pallina, pesava 800 grammi, fatta inizialmente di vescica animale ricoperta di cuoio. Tre i giocatori per squadra, in divisa bianca, più il ‘mandarino’, il lanciatore che alzava la palla al battitore per la potente battuta iniziale d’ogni gioco: punteggi e modalità erano simili a quelle del futuro tennis. Anche il muraglione faceva parte del gioco: i giocatori potevano colpirlo di rimando verso la metà campo avversaria cercando rimbalzi e tiri ad effetto spiazzanti.

I migliori giocatori, inizialmente nobili poi, già nell’800, anche popolani, erano famosi come gli attuali goleador. Il gioco della palla al bracciale fu cantato da fior di poeti, Leopardi e Carducci. Non deve dunque stupire che Renato Serra, il nostro cesenate più illustre in campo letterario, fosse un appassionato praticante di questo gioco, anche nella variante del tamburello, sport molto praticato allo sferisterio. Renato era un ragazzone sportivo: amava anche il nuoto, ancor più la bicicletta. A casa aveva una sbarra ginnica e nel suo studio in biblioteca teneva un bilanciere per sgranchirsi i muscoli durante le pause dell’intenso lavoro culturale. Testimonianze del suo tempo raccontano che allo sferisterio fosse soprattutto un buon battitore nelle sfide con i migliori giocatori cesenati di allora, tra cui il macellaio Aldo Vozzèni.

Non c’era un campionato vero e proprio del gioco della palla al bracciale: ma numerose erano le sfide intercittadine e anche interregionali, organizzate da impresari e annunciate con risalto dai giornali e affollate di pubblico (anche con scommesse, non ufficiali ma vivaci).

A proposito di derby, passionaccia romagnola (e italiana: se non c’è derby continuo, anche in politica, non ci divertiamo). Chicca storica: già nel 1794 la squadra cesenate di palla al bracciale in trasferta allo sferisterio di Forlì, dopo una partita assai movimentata e rissosa, presentò regolare denuncia alla polizia pontificia per essere stata presa a sassate da scalmanati tifosi forlivesi. Non ci fu la partita di ritorno allo sferisterio di Cesena: la compagine forlivese sarebbe stata attesa al varco già all’altezza di Capocolle…