Siccità Cesena, il Savio è diventato una pozza. "Sempre più duro coltivare i campi"

Viaggio dentro la siccità dal Fumaiolo alla pianura. L’esperto: "L’acqua marina risale e toglie fertilità ai terreni"

Cesena, 30 giugno 2022 - Si parte da qui, da un rivolo d’acqua che scende tra la roccia in mezzo ai boschi dell’alta Valle del Savio. Da qui, dal Monte Fumaiolo nel Comune di Verghereto nasce il Tevere, il terzo fiume più lungo d’Italia, che ha fatto la storia di Roma e probabilmente dell’intera umanità, ma che ora, vista forte siccità, ha certamente visto tempi migliori. I turisti lo raggiungono passeggiando lungo un sentiero ombreggiato e davanti alla colonna sormontata dall’aquila nera si fermano riempire borracce e a cercare relax.

Sorgenti del fiume Tevere al Monte Fumaiolo con la colonna sormontata dall’aquila nera
Sorgenti del fiume Tevere al Monte Fumaiolo con la colonna sormontata dall’aquila nera

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È ancora tutto possibile, anche se per il primo aspetto probabilmente serve più tempo del solito. Tra i monti però l’ottimismo non si perde, rilanciato dai bikers che raccontano di trovare ancora le fontanelle cariche d’acqua e i gestori del ristorante Paradise, il nome evoca l’ambiente, che tranquillizzano sulla disponibilità attuale.

A pochissima distanza, sgorgano pure le acque del Savio: silenzio e mucche al pascolo, fino al grande prato a 1.126 metri sul livello del mare. Il mare, appunto, quello che il Savio raggiungerà nel territorio ravennate. E dove ora si guarda con apprensione quel sottilissimo filo d’acqua che si perde in un acquitrino di erba incolta e fango, alimentato a singhiozzo da una sorgente fresca sormontata dalla caveja e dalla quale però sarebbe molto più semplice rifocillarsi utilizzando un imbuto.

La via del ritorno è quella che costeggia il fiume, dove si accavallano i racconti di chi da queste parti ci è cresciuto, ha formato una famiglia e ora sta facendo giocare i figli, coi piedi a mollo in quello che pare poco più di un torrente: "Ci venivo da bambina – sorride una mamma – e l’ambiente era diverso. Cosa è cambiato? Gli alberi sono sempre gli stessi, l’acqua no. Ora c’è poco più di una pozza. A Bagno di Romagna i nonni guardano verso il basso, dal camminamento pedonale. Guardano dove ci sono tanti sassi, quasi tutti asciutti. Man mano che si procede verso la città il quadro diventa sempre più pragmatico.

"Per i campi è un problema - racconta chi a ridosso del fiume ci lavora – perché non è questione di innaffiare di più, ma di fare i conti con terreni che hanno perso tante delle loro caratteristiche che avevano da sempre . E sui quali ora tante colture semplicemente non crescono più". Cosa serve fare? La politica si interroga e propone soluzioni, come quella di realizzare nuovi invasi o di mettere mano alla rete idrica, cha causa troppa dispersione. Sulla seconda sono tutti d’accordo, sulla prima meno. Perché l’acqua che si ferma a monte, poi non arriva a valle.

A valle c’è Cannuzzo, un fazzoletto tra Cesena, Cervia e Ravenna ed è da qui che parla Pierluigi Bazzocchi, storico presidente dell’associazione del Fiume Savio e profondo conoscitore di queste acque: "A circa venti chilometri di fiume dal mare, il Savio deve fare i conti con uno dei temi più dibattuti degli ultimi tempi, quello del ‘cuneo del sale’. In pratica, a causa della scarsa quantità di acqua dolce che arriva da monte, il mare ‘risale’ il letto del corso d’acqua e nel caso specifico è arrivato fin qui, mutando in questo modo le caratteristiche di tutto l’ambiente: perché l’acqua dolce, con in aggiunta l’apporto del suo ‘limo’ contribuisce ad arricchire e a rendere fertile il terreno. L’acqua salata certamente no. La soluzione? Far seguire i fatti alle parole e non mettere tutto dentro un cassetto dopo qualche giorno di pioggia. Il problema della siccità - ammonisce Bazzocchi – è attuale da almeno dieci anni e se fosse stato affrontato in maniera concreta da tutte le parti coinvolte, a partire dai politici e dagli addetti ai lavori, ora non saremmo qui a parlare del problema, ma misurare l’impatto della soluzione".