Sogni e smorfie, così abbiamo fatto tombola

Tombola! Era una piccolo classico: sorta di lotteria familiare ed amicale di ieri, durante le feste natalizie e di Capodanno. E malgrado tutto lo è ancora da più parti. Ci ha fatto piacere sapere - è solo un esempio tra altri- che nei recenti giorni avanti Natale il Club “Forza Cesena” di S. Egidio ha dato vita ad una tombola benefica i cui premi sono stati devoluti ad azioni solidali: e, come premio di consolazione per i partecipanti, saporiti assaggi di salsiccia e fagioli. Poi, certo: la tombola - come peraltro il gioco del lotto- è l’antenata del moderno festival quotidiano di “lotteria continua” insieme a vari giochi d’azzardo legalizzati: dal bingo ai gratta e vinci, dal superenalotto ai suoi figli tentatori come l’estrazione su schermo, in tabaccheria, a getto continuo: ogni cinque minuti. Estrazioni seguite da varie persone incantate come le allodole di passo, d’un tempo, sopra lo specchietto: talmente ammaliate, le allodole, da tornare sullo specchietto malgrado il rintronare delle schioppettate rivelatrici del cacciatore in agguato. In ogni caso, è interessante una mini- storia della tombola, a partire dal suo nome che deriva da tombolare, cioè cadere: ma in modo fortunato. Non a caso un altro popolare gioco con le carte da ramino si chiama cascata. Le prime notizie sull’arrivo della tombola ci giungono da Venezia, la Parigi dell’Adriatico, alla fine del 1700 con documenti che definiscono la tombola “gioco d’invito e d’azzardo”. Anche l’origine della parola “azzardo” è significativa: viene dal francese “hasard”, a sua volta derivato dall’arabo “ar-azhar”, dado; ovvero i dadi, il gioco d’azzardo più antico del mondo (avevano ragione gli antichi: “nomina sunt consequentia rerum”, i nomi sono conseguenza delle cose). E visto che il gioco d’azzardo è tentazione antica, il gusto della tombola dilagò rapidamente anche a livello popolare in Italia, dalla Romagna a Napoli. Anche nella nostra Cesena della prima metà dell’800 il dominio pontificio dovette fare buon viso a cattivo gioco, consentendo grandi tombole pubbliche nelle feste comandate. Poiché la tombola aveva una marcia in più: non è soltanto un gioco individuale, ma sociale, di gruppo; è evento, condivisione, ritualità. Anche nelle tombole familiari il capogioco, colui che estrae i numeri (dall’1 al 90) dal “maletto”, cioè dal sacchetto, non si limita a chiamare il “nome” dal numero, ma lo racconta dapprima per immagini: 47, morto che parla, 77 le gambe delle donne e via andare. Numeri simbolici che poi sono circa gli stessi attribuiti dalla Smorfia napoletana al linguaggio dei sogni, dunque da giocare anche al lotto (senza dimenticare in questo caso il moderno e saggio detto: la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, cioè è caso più che raro che quei numeri escano davvero). Infine, a corredo di questo di queste righe, la foto d’una cartella d’una tombola gastronomica del famoso ristorante Casali, che fu gloria cesenate ( immagine tratta dal libro “Cestini … cestini caldi !!!”, di Franco Casali): originale e festosa, oltrechè gustosa, la trovata di abbinare i numeri d’una cartella della tombola non ai sogni, ma a specialità gastronomiche. Uno spunto, volendo, per la fantasia ricreatrice, in salsa cesenate, di qualche odierno ristoratore o oste. Tanto per uscire dai soliti menù, nell’anno nuovo che inizia.

Gabriele Papi