Sotto il Ponte Vecchio "Colpite azienda e casa, ma il lavoro non si ferma"

Sotto il Ponte Vecchio  "Colpite azienda e casa,  ma il lavoro non si ferma"

Sotto il Ponte Vecchio "Colpite azienda e casa, ma il lavoro non si ferma"

di Andrea Alessandrini

A metà pomeriggio del terribile martedì d’inizio alluvione, si è impennato il fiume e con lui il dilemma: Erika Maraldi, titolare del Molino Maraldi in posizione rialzata ai piedi del Ponte Vecchio in via Savio in San Michele verso la Valsavio, adiacente al fiume, ha dovuto prendere la decisione fatale: concentrarsi per difendere e salvare l’azienda, quello poi ha cercato in tutti i modi di fare pur trovandosi alla fine a subire danni assai ingenti, oppure pensare prima di tutto alla casa.

È un’impresa storica di Cesena: Il Molino Maraldi, aperto nel 1960, che ha dato lustro e ne molto altro ancora ne darà a Cesena. "Con un mix di ansia crescente e sangue freddo mi sono confrontata con mio marito, mia madre, mia sorella – spiega la titolare – e ci siamo trovati combattuti: che fare? Pensare prima alla azienda o a dove abitiamo in via Bonci a mezzo chilometro dal mulino? Tutti d’accordo che prima veniva il lavoro, da cui scaturisce il resto. Abbiamo mandato la mamma a casa al sicuro al secondo piano e ci siamo dati da fare per arginare l’ingresso dell’acqua del Savio che era iniziata a penetrare nonostante l’edificio sia in posizione rialzata".

"Abbiamo protetto gli accessi ai piani seminterrati e alle finestre – la titolare rivede come in un film il tumulto di quelle ore folli – con lamiere e assi di fortuna e ammassato sacchi di crusca, quella avevamo, come barriere alle porte. Nella parte principale dove c’è il negozio l’acqua non è entrata tranne che nello scantinato dove è salita da sotto, ma nella torre a silos per lo stoccaggio del grano c’è stata la catastrofe: sono entrati tre metri di acqua sommergendo i macchinari. Confartigianato ci ha messo in contatto con la ditta Casalboni, quella degli spurghi, perché venisse ad aspirarla con le autobotti, ma riempendo tre botti era scesa solo di dieci centimetri, per di più la ditta doveva intervenire in tanti altri posti".

"Ci ha salvato – scorre via impetuoso il racconto di Erika Maraldi – un cliente di Modena, che ha un agriturismo, venuto a conoscenza che ci eravamo finiti in mezzo e che giovedì mattina ci ha inviato un generatore per aspirare acqua: dalle otto della mattina alle otto di sera abbiamo svuotato la torre. Ci hanno lasciato il generatore per andare avanti da soli e si sono resi disponibili addirittura a tornare il giorno dopo, che persone!".

"Stamane a scartamento ridotto – aggiunge Erika Maraldi - abbiamo ripreso le lavorazioni macinando e producendo il grano, che non possiamo tenere bagnato. Vuole sapere dei danni? Riguardano macchinari guasti alcuni già sostituiti perché mica si può star fermi, la perdita di tutto quello che c’era nei magazzini, automobili e veicoli personali finiti sott’acqua, il ripristino dei locali. Poi ci sono i danni della casa con le taverne piene d’acqua: credo che saremo nell’ordine di centinaia di migliaia di euro, i conti li ho fatti di notte mentre non riuscivo a dormire. Ma non vorrei che l’intervista finisse con il conteggio dei danni".

"Non avremmo mai immaginato – conclude come è giusto che voglia Erika Maraldi dello storico Molino omonimo - che la solidarietà nei nostri confronti potesse raggiungere livelli così alti. Oltre a noi e i dipendenti, tanti amici ma anche persone che non conoscevamo sono venuti ad aiutarci a spalare e ripulire, mentre da tutt’Italia i mulini colleghi ci hanno telefonatoo per chiederci di che cosa avevamo bisogno, perfino una piadineria di Pisa ci ha chiamato. Serve molta forza per ripartire, dopo la batosta più grossa in 63 anni, ma questa vicinanza ce ne dà una buona parte: vuol dire che abbiamo seminato e ci facciamo volere bene. Quanto ci aiuta per rialzarci".