Tornare in classe si può, ma il personale non può non vaccinarsi

Solo tre regioni italiane – Toscana, Abruzzo e Valle D’Aosta (nelle province autonome di Trento e Bolzano era già avvenuto) – hanno riaperto tutte le scuole l’11 gennaio. La nostra regione aveva messo in campo sforzi notevoli per essere pronta, coinvolgendo prefetti, ufficio scolastico e aziende di trasporti. Senza dimenticare l’attività di screening rivolta a studenti, docenti e familiari già avviata nel 2020 prima con i test sierologici e poi con i tamponi rapidi, entrambi gratuiti. Purtroppo i dati in peggioramento non hanno permesso agli studenti delle superiori di rientrare in classe.

La speranza è che questo sia l’ultimo rinvio, e che presto le nostre ragazze e i nostri ragazzi possano essere nelle loro aule con accorgimenti minimi ma essenziali. Innanzitutto il 50% in presenza e il resto a distanza con turnazioni settimanali per consentire a tutti di rivedere la scuola, i docenti e i compagni. Ma a questo si deve accompagnare un rigido rispetto della mobilità sui mezzi pubblici al 50%: è inutile tenere i ragazzi distanti 2 metri in classe quando poi sono distanti 20 centimetri sul bus!

In Toscana ciò avviene con la sorveglianza di steward pubblici e volontari disposti lungo le fermate. Infine, è fondamentale garantire un accesso sicuro a scuola: per evitare gli assembramenti, gli studenti devono poter entrare in momenti differenziati, seguendo percorsi che favoriscono il loro distanziamento. Se si vuole ripartire, e garantire agli allievi un servizio che non può essere sospeso anche in questo anno, non ci sono alternative.

La velleità è stata quella di pensare, da parte del Ministero, che a inizio anno tutti o la maggior parte degli allievi potessero essere presenti in classe addirittura senza l’obbligo della mascherina durante le lezioni. Per questo sono stati comprati 2,4 milioni di nuovi banchi che si sono dimostrati assolutamente inutili per un costo di 325,1 milioni di euro, quando quei soldi potevano essere meglio spesi per dotare le famiglie di computer e connessioni internet adeguate per l’inevitabile didattica a distanza.

Ma c’è un ultimo problema da affrontare. Per mettere la scuola in sicurezza occorre vaccinare chi vi lavora. È un nodo ineludibile per una classe docente mediamente non più giovane e a rischio di contagio continuo. Pare che dopo gli operatori sociosanitari i professori siano fra le categorie su cui intervenire con la successiva campagna vaccinale. È una priorità per una completa ripartenza della scuola.

Daniele Gualdi

docente universitario

ed ex assessore comunale