"Torno in Italia da rifugiata, chi lo avrebbe mai detto?"

Migration

di Raffaella Candoli

"Non avrei mai immaginato che, in vecchiaia, il destino mi avrebbe riservato anche la guerra, e di farmi tornare in Italia, a Cesena, nella famiglia nella quale ho lavorato per anni e che da subito mi ha offerto la sua disponibilità all’accoglienza". Zenovia è una donna ucraina, fuggita da Leopoli, a 70 chilometri dal confine con la Polonia. Ha affrontato il lungo viaggio con i due nipotini di 6 e 4 anni e la figlia Lesya di 36, che ha guidato un’auto di sua proprietà.

"Il viaggio più angosciante e difficile che abbia mai fatto", racconta Lesya grazie alla traduzione di Anastasia Shevchenko, sua connazionale, rifugiata politica e da giorni, in città, punto di riferimento per tanti rifugiati. Gli occhi della giovane mamma si riempiono di lacrime al pensiero del marito, rimasto in patria, che ha spinto i suoi congiunti ad accettare l’opportunità di salvezza presso Ida Rubini e Dario Bruni, medici entrambi, con figli adulti, e a loro volta nonni.

"I rapporti di affetto con Zenovia – conferma infatti la signora Ida – non si sono mai interrotti. Per anni è stata parte del nostro nucleo familiare, ha accudito prima mia madre, poi è stata la tata dei miei figli. Una volta andata in pensione è ritornata nel suo Paese, ma abbiamo continuato a sentirci e a raccontarci i rispettivi andamenti di vita, e quando sua figlia Lesya si è sposata abbiamo partecipato al suo matrimonio, per poi visitare Leopoli, bellissima città, patrimonio Unesco. Ora, mi si stringe il cuore nel vedere come la popolazione, nonostante i pericoli e la mancanza di tutto, metta in salvo le opere d’arte, come il Cristo ligneo della cattedrale armena divenuto il simbolo, attraverso le immagini dei media, del martirio di una popolazione".

Zenovia non avrebbe voluto lasciare la sua casa, ma lo ha fatto per la sorte della figlia e i nipotini Aleksander e Anastasia. "In quell’appartamento vivevo sola – aggiunge la donna –, ed ero rassegnata anche a correre i rischi di distruzione e morte che avanzano anche verso la nostra città. È prevalso l’amore per mia figlia e i nipoti che non potevo abbandonare nel viaggio. Così ho messo a disposizione la mia casa per una famiglia con bambini cui la loro è stata distrutta e su insistenza di mio genero e di un altro mio figlio maschio, padre di ragazzi giovani adulti, siamo partiti, percorrendo strade secondarie, in mezzo ai boschi. Passata la frontiera polacca, alle due di notte ci siamo fermati per riposare, ma ogni albergo, ogni stanza erano pieni".

"La sosta – interviene Alesya – era anche di speranza, di una chiamata di mio marito che mi dicesse di tornare indietro, che tutto era finito. Un’illusione. Durante i chilometri che ci separavano da Cesena ho fatto varie fermate, cullando sempre il desiderio di non allontanarmi troppo, e di poter rientrare, ma dopo quattro giorni mi sono rassegnata. Ida e suo marito Dario sono meravigliosi, dei nonni per i miei bambini. La casa è in mezzo al verde delle vostre belle colline, ma la mia mente è proiettata a Leopoli".

Mentre avviene la nostra conversazione, cui prende parte anche Franco Casadei, medico e collega di Ida, Aleksander e Anastasia si distraggono coi tanti giocattoli che sono stati loro regalati. "Aleksander sta prendendo questa avventura come una vacanza – commenta la madre -, ma Anastasia ha capito, guarda le immagini in tivù e mi chiede di tornare da papà e a casa". "Abbiamo affrontato l’incidente nucleare di Chernobyl – dice Zenovia – temuto un nuovo disastro con l’attacco alla centrale di Zaporizhzhia. Abbiamo subito governi filorussi nonostante l’indipendenza dall’Unione Sovietica, poi i fatti della Crimea, del Donbass, e ora con il presidente Zelensky avevamo ottenuto un po’ di serenità e ora Putin dà a noi dei fascisti".

"Ma ce la faremo a riprendere la nostra Ucraina", dice ancora Zenovia sfoderando un orgoglio nazionalistico che le fa onore. "Intanto, ringrazio tutti coloro che aiutano i miei connazionali con l’amore e il rispetto che i signori Ida e Dario riservano a noi".