"Tumore: una protesi intelligente per inibire le metastasi"

Da bioingegneria del Campus parte un progetto di Regione e Alma Mater: "Testiamo biomateriali in ceramica che rilasciano i farmaci e rigenerano i tessuti"

La ricercatrice Marilisa Cortesi

La ricercatrice Marilisa Cortesi

Cesena, 9 aprile 2021 - Un progetto che coinvolge istituzioni e aziende del territorio nello studio di un approccio innovativo, il più possibile personalizzato, alla cura dei tumori metastatici. Parte proprio dal Campus di Cesena, in particolare dal laboratorio di bioingegneria del centro di ricerca industriale in Scienze della vita e tecnologie per la salute, l’ambizioso progetto ‘Dinamica’, supportato dalla Regione e guidato, oltre che dall’Alma Mater, dall’Irst di Meldola. Tra i giovani studiosi impegnati nella ricerca c’è la 34enne ravennate Marilisa Cortesi, laureata in Ingegneria biomedica al Campus e ora in procinto di partire per l’Australia grazie a un importante finanziamento europeo.

Marilisa Cortesi, in cosa consiste ‘Dinamica’? "Testeremo l’efficacia di biomateriali medicali, costruiti in ceramica, realizzati dalle aziende faentine Greenbone Ortho e Finceramica e dalla modenese Rigenerand, con la supervisione dell’istituto di Scienza e tecnologia dei materiali ceramici di Faenza su vari tipi di cellule tumorali e ossee. L’idea è valutarne la validità terapeutica sia come inibitori dei tumori che come rigeneratori dei tessuti ossei compromessi dalle metastasi".

Che ruolo ha il vostro laboratorio, guidato dal professor Emanuele Giordano, nel progetto? "In fase preclinica, sviluppiamo modelli computazionali e simulazioni matematiche per formulare previsioni sull’efficacia delle terapie farmacologiche testate, nonché sul modo in cui talune caratteristiche dei campioni cellulari possono influenzare la risposta alla terapia".

Che utilità avrà il progetto in futuro? "I dispositivi che stiamo analizzando hanno un’elevata capacità rigenerativa, mimano strutture già esistenti nel corpo umano e legano farmaci antitumorali a quelli ricostruttivi del tessuto sano. Potrebbero, dunque, essere impiantati in pazienti con metastasi ossee direttamente in sala operatoria. E troverebbero applicazione nell’ambito della medicina personalizzata, che monitora le caratteristiche specifiche dei singoli pazienti per formulare diagnosi più corrette e migliorare le terapie".

Proprio la medicina personalizzata sarà il focus della sua prossima ricerca, che si svolgerà nei prossimi due anni a Sidney. "Di recente ho vinto un finanziamento europeo per giovani ricercatori (il prestigioso ‘bando Marie Curie’, ndr), grazie al quale, in collaborazione con gli studiosi dell’università del New south Wales, svilupperò simulazioni computazionali per prevedere l’efficacia di farmaci idonei a trattare il tumore ovarico".

Da ingegnere biomedico, cosa pensa della scarsa affluenza di ragazze alle facoltà scientifiche? "Devo ammettere che, in ambito biomedicale la presenza di studentesse è sempre stata più cospicua rispetto ad altre discipline scientifiche. Ma il divario di genere resta ampio: è necessario, soprattutto nel nostro Paese, smantellare quei pregiudizi che vedono l’ingegneria come una ‘cosa da uomini’. Niente di più falso: noi donne abbiamo tutte le carte in regola per farcela".