
Giancarlo Spinelli è attualmente detenuto nel penitenziario Yare III
Cesena, 24 aprile 2025 - Un nuovo nome spunta nell’elenco dei detenuti italiani rinchiusi in carcere in Venezuela. È quello di Giancarlo Spinelli, classe 1966, nato a Cesena e trasferitosi a Caracas quando aveva pochi anni. Italo-venezuelano, a Caracas si è laureato in architettura e ha trovato lavoro in un piccolo comune. Persona semplice, benestante, con la passione per le armi trasformata in un hobby: Spinelli riparava e modificava le armi. È stato arrestato a Caracas il 21 febbraio 2024 per terrorismo, tradimento della patria, traffico d’armi e associazione a delinquere. È stato prima rinchiuso all’Helicoide (carcere tra i più duri del Venezuela, dove le torture sono all’ordine del giorno) e poi, nel febbraio di quest’anno, è stato trasferito nel penitenziario Yare III, nello stato del Miranda in Venezuela.
A denunciare una situazione intollerabile è il cugino cesenate. “Giancarlo Spinelli – racconta il cugino che porta lo stesso nome – è innocente. È stato arrestato con pesanti accuse, ma sono false. Giancarlo conosce persone influenti nel Governo, ma non è un eversivo. È rinchiuso in un lager, dove non ci sono letti. Nelle carceri venezuelane si ripetono ogni giorno casi di tortura, una strategia sistematica di persecuzione politica e detenzioni arbitrarie. Solo la moglie riesce a incontrarlo, perché può recarsi in carcere ogni 3 mesi e provvedere al cambio dei vestiti sporchi”.
La moglie e i fratelli si sarebbero affidati ad un avvocato venezuelano per cercare di liberarlo. “Da un paio di giorni non ho più notizie di lui – continua il cugino – è malato, soffre di problemi di intestino e di pressione. Pochi escono vivi da quelle prigioni”. È stata confermata da fonti diplomatiche la notizia dell’arresto di Giancarlo Spinelli, un nome che mancava all’appello degli italo-venezuelani incarcerati. L’Ambasciata e il Consolato a Caracas seguono il caso con la massima attenzione e mantengono stretti contatti con la moglie Maria Alejandra Portillo.
“In Venezuela basta poco per finire in prigione – dice Marinellys Tremamunno, presidente dell’associazione ‘Venezuela, la piccola Venezia’ – basta trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, pubblicare un post critico sui social o un messaggio su Whatsapp. Le famiglie non ce la fanno più. Inizialmente non denunciano per paura del regime e per paura che i parenti in carcere vengano torturati. Poi, quando vedono che nessuno riesce a far niente, denunciano il caso. Le vite degli italiani arrestati sono obiettivamente a rischio”.
In Venezuela c’è un regime socialista, e al potere c’è il presidente Nicolàs Maduro. Dal 28 luglio 2024 il regime venezuelano ha avviato una brutale campagna di repressione con oltre 2400 arresti in tutte le città del Paese. Al 15 gennaio scorso c’erano ancora 1.687 detenuti prigionieri politici, e tra questi più di 150 persone con doppia cittadinanza. Sei gli italiani detenuti, arrestati dopo il 28 luglio 2024, tra cui Alberto Trentini, cooperante italiano, Biagio Pilieri giornalista e politico siciliano, Daniel Echanagucia Valenilla e Margarita Assenza.