Trevi, la famiglia vuole cambiare il cda

Trevi Holding chiede di sostituire gli amministratori per contare di più

Una macchina Trevi (foto Ravaglia)

Una macchina Trevi (foto Ravaglia)

Cesena, 25 giugno 2019 - In casa Trevi volano gli stracci: Trevi Holding, la finanziaria della famiglia Trevisani che controlla il Gruppo Trevi detenendo il 32% del capitale azionario, è stata ammessa ieri dal Tribunale di Forlì alla procedura di concordato preventivo con prosecuzione dell’attività. Commissari giudiziali sono state nominate la commercialista ravennate Chiara Ruffini e l’avvocato Nicoletta Michieli di Bologna che dovranno vigilare sull’attività della società fino al 16 agosto, data entro la quale Trevi Holding dovrà presentare la proposta definitiva di concordato preventivo o una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione del debito.

Ma non basta: Trevi Holding ha ottenuto l’ok da parte del tribunale a richiedere la convocazione dell’assemblea di Trevifin per la revoca degli amministratori e la contestuale nomina dei nuovi componenti del consiglio d’amministrazione. La richiesta di sostituzione degli amministratori di Trevifin, spiega una nota di Trevi Holding, trova motivazione «nel deficit di legittimità della manovra finanziaria e del correlato aumento di capitale connessi all’operazione di rafforzamento patrimoniale alla ristrutturazione dell’indebitamento del Gruppo Trevi ipotizzata dalla maggioranza dell’attuale Cda».

Nel comunicato diffuso alle agenzie finanziarie, Trevi Holding auspica che il nuovo consiglio di amministrazione «possa proseguire, a fronte delle necessarie nuove determinazioni dei soci in assemblea straordinaria, nella finalizzazione della manovra finanziaria, con la modifica dell’attribuzione di un valore all’equity preesistente alla stessa». Trevi Holding ribadisce, infine, il proprio sostanziale appoggio alle linee fondamentali della manovra comunicata al mercato e ristrutturazione dell’indebitamento. In sostanza, par di capire, Trevi Holding chiede che venga riconosciuto un valore alle azioni evitando che venga ridotto a zero con danno per tutti gli azionisti.

A colpire è il fatto che, in apparenza, la famiglia Trevisani vada contro se stessa: Davide, fondatore dell’azienda, è presidente di Trevifin, i fratelli Gianluigi e Cesare sono vice presidenti, mentre i figli di Davide Stefano e Simone sono rispettivamente amministratore delegato e consigliere d’amministrazione. Ma la sensazione di una manovra autolesionistica della famiglia Trevisani è solo apparente poiché gli altri sei consiglieri d’amministrazione (Sergio Iasi, Marta Dassù, Umberto della Sala, Cristina Finocchi Mahne, Guido Rivolta e Rita Rolli) non condividono la linea della famiglia.

Va ricordato che Trevifin non ha ancora approvato i bilanci degli esercizi 2017 e 2018, né la semestrale 2019, e la posizione finanziaria netta si sta progressivamente deteriorando: a fine aprile 2019 era negativa per oltre 700 milioni di euro.

Il consiglio d’amministrazione, peraltro, è in regime di proroga: dovrebbe essere rinnovato al momento dell’approvazione del bilancio 2017.

La Borsa, che nei giorni scorsi, dopo un lungo periodo di calo graduale, aveva visto un’impennata del titolo Trevifin (probabilmente per la diffusione di voci riguardanti la soluzione del nodo dell’aumento di capitale da 400 milioni) ieri ha accolto con sospetto le notizie, chiudendo a 0,261 euro (-1,51%) dopo forti oscillazioni.

Se la famiglia Trevisani non disponesse della somma necessaria a sostenere la sua quota di aumento di capitale, rischierebbe di perdere il ruolo di socio di riferimento a favore dei fondi Fsi Investimenti (Cassa Depositi e Prestiti) e Polaris Capital che detengono rispettivamente il 17% e il 10%.