Trevi Cesena cede la divisione ‘oil & gas’ e ristruttura il gruppo

Drillmec e Petreven agli indiani: cessione al gruppo Meil

Trevi Cesena

Trevi Cesena

Cesena, 7 agosto 2019 - Sergio Iasi il manager imposto al Gruppo Trevi da banche creditrici e fondi di investimento, va avanti di gran carriera verso la ristrutturazione che avrà un doppio significato: la salvezza dell’azienda cesenate, una delle prime tre al mondo nel settore delle fondazioni speciali, schiacciata da una montagna di debiti che a fine giugno ha raggiunto i 705 milioni di euro, e la presa del controllo da parte della parte finanziaria con conseguente estromissione dalla ‘stanza dei bottoni’ della famiglia Trevisani il cui capostipite Davide creò l’azienda 62 anni fa partendo da zero.

IL PASSO decisivo in avanti è stato compiuto lunedì scorso, quando Trevi Finanziaria Industriale ha siglato gli accordi con le banche creditrici per ristrutturare il debito e rafforzare il patrimonio del gruppo, e ha ceduto al gruppo indiano Meil (Megha Engineering & Infrastructures Ltd) la divisione Oil&Gas.

L’accordo con gli indiani di Meil attribuisce al settore Oil&Gas (Drillmec, Petreven e alcuni asset di altre società) un valore di 140 milioni di euro, ma in realtà Trevi non incasserà un euro in quanto la cessione viene effettuata senza debiti, il cui ammontare è superiore al prezzo pattuito. Meil è fra i maggiori gruppi indiani nel mercato dell’ingegneria e delle infrastrutture, con ricavi pari a 2,5 miliardi di dollari annui. Nella stessa giornata di lunedì scorso sono stati sottoscritti gli accordi definitivi, che erano stati approvati dal consiglio di amministrazione il 17 luglio scorso, relativi al rafforzamento patrimoniale e alla ristrutturazione dell’indebitamento.

I punti fondamentali dell’operazione di salvataggio del Gruppo Trevi sono tre. Il primo riguarda l’impegno delle banche a convertire in azioni un massimo di 284,1 milioni di euro di credito, secondo un rapporto di conversione di 4,5 a 1. L’accordo sarà depositato entro domani in tribunale per l’omologazione in base all’articolo 182 bis della legge fallimentare.

Il secondo punto riguarda i fondi Fsi e Polaris (detengono rispettivamente il 16,8% e il 10% del capitale azionario) che hanno assunto l’impegno di sottoscrivere, in base all’aumento di capitale in opzione per 130 milioni deliberato il 17 luglio scorso, la quota di 77,5 milioni complessivi. Il terzo punto è il contratto con il quale alcune banche si sono impegnate a concedere un nuovo finanziamento a Trevi e Soilmec nel periodo necessario all’attuazione dell’accordo di ristrutturazione e del relativo piano industriale, per un importo massimo di 41 milioni di euro.

Sull'intera operazione pende come una spada di Damocle il ricorso presentato da Trevi Holding (detiene il 32% delle azioni) al Tribunale delle Imprese di Bologna con la richiesta di nominare un amministratore che gestisca l’azienda al posto del consiglio d’amministrazione che è presiduto da Davide Trevisani, ma nel quale la famiglia cesenate è ora in minoranza (5 a 6). Infatti le banche coinvolte hanno richiesto quale condizione ulteriore rispetto a quelle già annunciate il rigetto del ricorso da parte del Tribunale di Bologna. L’assemblea dei soci, nella quale dovranno essere approvati i bilanci degli esercizi 2017 e 2018, e rinnovato il consiglio d’amministrazione, è prevista per il 24 settembre in prima convocazione e per il 30 settembre in seconda.

L’operazione di salvataggio viene condotta da Sergio Iasi, manager che risponde ai fondi e alle banche creditrici, in disaccordo sempre più accentuato con la famiglia Trevisani. A spostare l’ago della bilancia dalla sua parte è stato Fsi Investimenti, il Fondo Strategico Italiano che fa capo alla Cassa Depositi e Prestiti che gestisce il risparmio postale. Fino a non molto tempo fa era schierato a fianco della famiglia Trevisani che così aveva la maggioranza in consiglio d’amministrazione, ma da qualche mese ha cambiato schieramento.