Cesena piange Bolchi

Addio all’allenatore che ha portato in alto i colori bianconeri

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diDaniele Zandoli

Se n’è andato anche Maciste. Come da stile personale Bruno Bolchi l’ha fatto in silenzio, senza clamore, come era abituato a vivere la sua professione, prima da calciatore e poi da allenatore. Ultimo di una progenie di eroi che ha fatto grande il Cesena, come Edmeo, Emilio, Vittorio. Si è spento a Firenze due giorni fa e i funerali si svolgeranno sabato mattina alle 10 a Pieve a Nievole di Pistoia, dove viveva.

Milanese nato il 21 febbraio del se 1940, esordì all’Inter a diciotto anni, tre anni anni dopo quando ne aveva appena 21 ne divenne capitano e vinse lo scudetto nel 1963. Gianni Brera gli coniò il nomignolo affettuoso di ’Maciste’ per la corporatura robusta, gli rimase appiccicato per tutta la vita e non gli dispiaceva. Fu anche il primo calciatore ad apparire nelle figurine Panini nel 1961. Poi giocò a Verona in B, all’Atalanta e a Torino dove chiuse con la serie A dopo 200 partite e 12 reti realizzate. Indossò quattro volte la maglia azzurra, terminò la carriera alla Pro Patria in C, nel campionato 1970-1971. Poi intraprese la carriera di allenatore, che aveva comunque già assaggiato nella Pro Patria e anche in quella è stato un grande con quattro promozioni in A ottenute alla guida di Bari, Cesena (indimenticabile stagione 1986-1987), Lecce e Reggina.

In bianconero è tornato tre volte, due volte centrando una promozione e fallendo per un pelo, pur meritando, la seconda.

La prima è stata in assoluto la più bella promozione del Cesena in A, ricordata con grande affetto da chi ha i capelli bianchi e si trovò a San Benedetto del Tronto per lo spareggio contro il favorito Lecce di Mazzone.

In uno stadio pavesato in giallorosso e solo con un piccolo ma caldissimo spicchio bianconero, Cuttone e Bordin regalarono alla Romagna una promozione contro pronostico. In panca c’era lui.

Fu sfortunata l’annata 1982-1983 che si concluse con la retrocessione dalla serie A e infine il biennio dal 1993 al 1995. Suo il merito, tra gli altri, del lancio di Sebastiano Rossi. L’unico suo rimpianto, sempre confessato e forse mai del tutto cancellato dalo scorrere inesorabile del tempo che tutto addolcisce, fu quello spareggio di Cremona, vinse il Padova capeggiato da Galderisi, meno forte di un Cesena che contava su un attacco formato da Hubner, Dolcetti e Scarafoni. Gli errori sotto porta di Hubner e Dolcetti regalarono la promozione ai veneti.

Agatino Cuttone è stato un fiero capitano del Cesena guidato da Bruno Bolchi. Nitidi i suoi ricordi dell’indimenticabile Maciste.

"La notizia mi ha molto rattristato, personalmente mi ha dato tanto, gli devo la mia crescita professionale ma anche umana. Ricorderò per sempre la sua umanità, la correttezza nei rapporti, il perbenismo, un gentiluomo come se ne trovano pochi nel mondo del calcio. Lui era il capofamiglia del nostro gruppo. Era molto serio, credeva nel lavoro, nell’impegno quotidiano e trasmetteva professionalità. Il suo legame con Emilio Bonci era famoso, erano una coppia stupenda, con un rapporto fatto di stima e di battute continue. Era molto stretto il legame di Bruno anche con Vittorio Casali, il nostro accompagnatore, come si diceva allora".

Naturalmente sono tanti gli episodi di una vita calcistica che tornano alla memoria ma che in realtà non sono mai stati cancellati. "Erano clamorose le sfuriate di Bruno e il presidente Edmeo Lugaresi che gli suggeriva di cambiare il tal giocatore - continua Cuttone -. Lui naturalmente andava invece per la sua strada e allora si attaccavano di brutto. Cinque minuti dopo tutto finiva in un abbraccio e attorno a una tavolata. Due personalità incredibili".

Naturalmente umanamente e comprensibilmente non sono state tutte rose e fiori, perché Bruno Bolchi fu anche contestato. "Successe all’inizio della stagione 1986-1987 proprio quella chiusa con l’indimenticabile promozione. Io e Cavasin sapevamo che il gruppo era con lui, non arrivavano risultati ma avevamo grande fiducia in Bruno. Staccammo uno striscione messo dai tifosi con la scritta “Bolchi vattene” e di lì comincio la grande cavalcata".