Sono Luca Lewis, e non mi manda papà

Il figlio di Robert è un portiere, si allena con la squadra anche se non può giocare: "Sono qui grazie ad Agostini e a Rossi, non a mio padre"

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di Andrea Baraghini

Il sogno è quello un giorno di arrivare a giocare in serie A e vestire la maglia della nazionale (americana o italiana poco importa). Nel frattempo Luca Lewis, 21 anni compiuti il 22 febbraio, suda e fatica a Villa Silvia con i bianconeri. A fine campionato scade Il suo vincolo con il Cesena. E’ stato tesserato in gennaio, ma non può essere inserito nelle liste dei giocatori utilizzabili, ma dalle sue parole traspare la volontà di essere parte di quel progetto che è diventato affare di famiglia. Il padre, l’avvocato Robert, insieme al socio John Aiello, a fine 2021 hanno deciso di investire nel calcio italiano, ma il primo a scoprire il “soccer” è stato proprio Luca, quando a 6 anni con la famiglia che viveva a Pesaro ha cominciato a giocare nelle giovanili del Muraglia.

Come è nata la passione per questo sport?

"Giocando nel campetto della chiesa. Ero il più alto, ma anche il più piccolo di età per cui mi mettevano in porta e quello è rimasto il mio ruolo. Il mio idolo era Sebastian Frey per questo simpatizzo per la Fiorentina come mio padre".

Crescendo ha continuato a coltivare la passione

"Quando la mia famiglia è tornata in America non ho smesso di giocare. Prima a New York, poi a 14 anni sono entrato nella IMG Academy a Brandenton. A 16 anni ho fatto un’esperienza con l’Aston Villa e poi il provino con il Torino dove sono rimasto fino a giocare nella Primavera. Nel periodo covid ho giocato con i New York Red Bull".

E a gennaio l’opportunità di venire a Cesena

"All’inizio ero titubante, non volevo accettare. Giocare nella squadra dove mio padre è uno dei presidenti mi sembrava strano. Avevo qualche proposte in B o in Svizzera, poi, sentendo i programmi, belli ed entusiasmanti, mi sono convinto".

C’è stato qualcuno in particolare che ha spinto per questa opzione?

"Di sicuro non mio padre, lui quasi non sapeva nulla. Sia Sebastiano Rossi che Massimo Agostini, che conosco da quando avevo sette anni, hanno insistito perché venissi qua".

Adesso però in famiglia il calcio è argomento ricorrente

"In realtà no. Vivo da solo a Cesena e per scelta non parlo di cose che riguardano la squadra con mio padre. Voglio fare la mia carriera a prescindere, sto anche facendo corsi di marketing che potrebbero darmi uno sbocco in questo campo".

Cosa ha pensato quando ha saputo che suo padre voleva investire nel calcio in Italia?

"All’inizio ero un po’ preoccupato. Il mondo del calcio in Italia è difficile da capire per chi viene da fuori. Quando però ho sentito cosa avevano in mente lui e John (Aiello) mi sono rasserenato. Contento poi che la scelta sia caduta sul Cesena che segue da quando ero bambino, grazie anche Rossi e Agostini".

Progetti ambiziosi quindi per il Cavalluccio?

"Penso che l’intenzione sia quella di riportarlo in alto, dove stava fino a poco tempo fa. Sia mio padre che John si sono appassionati a questo progetto, ci credono tanto, ultimamente mio padre è quasi sempre in Italia.

Ora qual è l’obiettivo?

"Cercare di arrivare terzi. Tutti pensiamo di potercela fare, la squadra è forte anche se adesso è un po ‘ penalizzata dagli infortuni. Non ci manca nulla però per giocarcela con le altre fino alla fine".