Una squadra che non sa mai essere spietata sotto porta

Ci si può attaccare all’errore di Zecca: non si può lasciar colpire di testa così facilmente un avversario. Ci si può attaccare all’episodio: ci riprovasse cento volte Benedetti non riuscirebbe ad estrarre dal cilindro quella traiettoria così beffarda del gol. Ma sarebbero solo alibi. La vera responsabilità, o colpa, di questo Cesena claudicante d’inizio stagione, è il non essere spietato sotto porta. Il non saper sferrare un pugno deciso quando l’avversario ha la guardia abbassata e pure lui si aspetta di finire al tappeto. La gara col Pontedera che poteva, (doveva), finire sul 2-0 o 3-0 finisce come peggio non potrebbe, con la bordata di fischi del Manuzzi. E il Cesena è pure recidivo, aspetto che è come una secchiata d’acqua fredda sul fuoco delle aspettative. E se in cinque partite non si è mai andati oltre ad una rete a gara, un campanello d’allarme già suona e mette alla prova l’anima di squadra che dopo Fermo, si era ricompattata.

Detto che, è sempre meglio avere una squadra che crea e si divora due o tre occasioni a partita piuttosto di una che vince 1-0 con al massimo un paio di tiri totali sta emergendo un altro aspetto: che in rapporto agli importanti investimenti fatti, la qualità in campo è ridotta. Saber è il vero top player, ma dalle corsie laterali e dalla cerniera centrale di metà campo arriva poco. C’è un piano A, quello del dominare la partita atleticamente e fisicamente che regge, ma non appena è la palla a dover correre nelle traiettorie e corridoi giusti la differenza con gli avversari non emerge più.

Gianluca Mariotti