"Benzina e luce alle stelle Bisogna tornare al nucleare"

Rogante: l’Italia è l’unico Paese che vi ha rinunciato, invece oggi gli impianti sono sicuri, economici e a zero emissioni. Soluzioni efficaci anche per le scorie"

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Gli aumenti della benzina e del metano, quelli dell’energia elettrica, le difficoltà delle famiglie e i timori delle aziende che vedono raddoppiare i costi, stanno condizionando le ultime settimane (e forse il futuro) degli italiani. L’ingegner Massimo Rogante (a sinistra nella foto), civitanovese, membro italiano del Reattore di Budapest, è da sempre professionalmente impegnato sul fronte del nucleare, organizzando anche eventi e workshop. Si è occupato, con risultati eccellenti, dell’applicazione delle tecniche neutroniche per la datazione della Sacra Sindone.

Ingegner Rogante, le ultime vicende internazionali inducono a rivedere le posizioni sul nucleare?

"La soluzione dei problemi energetici deve inevitabilmente passare per il nucleare - dice -. Personalmente, avevo già anticipato in un workshop del 2008 che sotto il profilo socioeconomico sarebbe stato rischioso affidarsi solo ad altre fonti d’energia trascurando quella atomica".

Un’ipotesi però improponibile visto che un referendum ha detto no al nucleare.

"Si è svolto sotto l’effetto Chernobyl con forti condizionamenti. Prima di quel tragico evento, l’Italia era una delle principali nazioni di sviluppo del nucleare pacifico. La situazione, poi, cambiò non solo a causa del vecchio reattore sovietico, ma principalmente per il mutamento degli orientamenti politici sull’approvvigionamento energetico. Il referendum fatto sull’onda del caso di Chernobyl ebbe un effetto demolente. L’Italia è l’unico Paese a rinunciare incondizionatamente al nucleare, perché da tempo si era già deciso d’investire in altri settori energetici. La storia si radicalizzò nel 2011, quando gli italiani furono precipitosamente convocati per votare nel referendum consecutivo agli eventi di Fukushima. In questo modo, il nostro Paese si è autoeliminato dalla ripresa dell’industria nucleare, perdendo l’occasione e addirittura annullando accordi industriali importanti, come il patto strategico tra l’Enel e l’Edf (Électricité de France ), che avrebbe permesso alla nostra industria di condurre insieme ai transalpini la ripresa del nucleare, producendo crescita e lavoro".

Vuol dire che sarà una strada necessariamente da intraprendere?

"Certo. L’approvvigionamento energetico dal nucleare rappresenta una questione essenziale e perciò l’Italia dovrebbe al più presto riattivare un programma ipotizzando un contributo di circa il 15% nella ripartizione della produzione d’energia elettrica".

Se così fosse, quante centrali servirebbero?

"Almeno tre o quattro e basta guardarsi intorno per convincersi che così dovrà essere. Attualmente, sono 442 gli impianti nucleari operativi e 54 quelli in costruzione in 33 Paesi del mondo. Tra loro, Belgio, Bulgaria, Canada, Cina, Corea del Sud, Emirati Arabi, Francia, Giappone, India, Inghilterra, Polonia, Repubblica Ceca, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina e Ungheria. In Francia, il presidente Macron indica con forza la scelta. I moderni impianti nucleari offrono sicurezza e prospettive di benessere e la Francia è pronta ad affrontare la transizione energetica con un piano comprensivo di 14 nuove centrali nucleari entro il 2050. L’idrogeno che nel prossimo decennio sarà prodotto in Francia attraverso il nucleare, sarà più disponibile e più economico di quello generato da fonti rinnovabili. Il moderno nucleare, inoltre, offrirà ai francesi l’opportunità di iniziative volte a perfezionare l’efficienza dei settori produttivi, consentendo di raggiungere gli scopi della cosiddetta Carbon Neutrality, e cioè di riportare a zero le emissioni di anidride carbonica".

E con le scorie come la mettiamo in un’Italia ove si stenta a smaltire i rifiuti ordinari?

"Oggi esistono soluzioni tecnologiche in continuo sviluppo in seno a progetti di ricerca internazionali, concernenti il loro monitoraggio e le norme di contenimento per evitare la potenziale dispersione nell’ambiente. Tra i Paesi occorre, però, la condivisione di programmi, metodologie e normative per realizzare depositi in assoluta sicurezza. In Italia, gli incidenti mortali che si sono verificati in impianti industriali o energetici tipo centrali elettriche fossili o impianti chimici, non sarebbero avvenuti se fossero valse le norme di sicurezza del settore nucleare".

Giuliano Forani