"Botte alla ex": condannato. La corte d’appello ribalta la sentenza

Sei mesi all’uomo per lesioni. Così la donna ha ristabilito. la sua onorabilità

Dopo essere stata costretta a dargli i suoi risparmi, dopo aver perso il bimbo che aveva in grembo per le botte prese e dopo essere finita al pronto soccorso, aveva trovato la forza di denunciarlo. Ma in tribunale le sue parole non erano state credute e così il compagno era stato assolto. Un ulteriore dolore per lei, additata come una che aveva inventato tutto. In appello però i giudici hanno rilevato che le sue parole coincidono con i certificati medici, e solo per le lesioni hanno condannato l’imputato a sei mesi di reclusione. Si chiude così per ora una vicenda avvenuta a Civitanova dal 2015 all’aprile del 2018. Dopo l’ultimo pestaggio subito, portata in ospedale, la donna si era rivolta al centro antiviolenza. Aveva detto che da quando lei aveva scoperto che il compagno usava gli stupefacenti, e gli aveva chiesto di smettere, lui era diventato violento. Due o tre volte al mese avrebbe preteso da lei dei soldi, 100 euro o 150. Quando lei era rimasta incinta, lui le avrebbe chiesto di abortire, ma sentendo che lei avrebbe comunque tenuto il bambino l’uomo, a gennaio del 2018, l’avrebbe presa a pugni e calci; la donna era stata portata in ospedale, dove le avevano detto che aveva perso il figlio. In seguito ci sarebbero state ancora botte e minacce: "Ti ammazzo. Ti brucio viva" le avrebbe ripetuto lui. Dopo l’ennesima aggressione, ad aprile 2018, la donna aveva chiamato la polizia ed era stata portata in ospedale: i medici le avevano dato una prognosi di 15 giorni. Il compagno era stato denunciato per maltrattamenti in famiglia, lesioni, estorsione e procurato aborto. In tribunale però lui aveva chiamato come testimone un suo amico, il quale aveva negato di aver mai visto la donna ferita o aggredita dal compagno. E quando era stata sentita, la donna si era contraddetta su dei particolari della sua ricostruzione; inoltre era emerso che non avesse parlato con nessuno di quello che stava vivendo. Così il tribunale di Macerata l’aveva ritenuta inattendibile e aveva assolto l’imputato: la denuncia sarebbe stata solo la ripicca di lei perché lui non voleva sposarla. Quella sentenza era stata una ferita ulteriore per la donna. Ma sia la procura sia il difensore di parte civile, l’avvocato Alessia Marzoli, hanno fatto appello e il caso è arrivato ad Ancona. I giudici hanno voluto risentire la donna e hanno ritenuto che non ci fossero dubbi che fosse stato il compagno a provocarle le lesioni: il racconto di lei combaciava con i referti, e anche l’imputato aveva ammesso di aver litigato in casa con la donna. La confusione su alcuni dettagli non poteva rendere del tutto inattendibile la parte offesa, secondo la corte di appello. Anche la polizia aveva confermato di aver trovato la donna sconvolta, dopo le botte. Per questo l’uomo è stato condannato per l’accusa di lesioni, a sei mesi di reclusione. È stato assolto dalle altre accuse, non essendoci testimoni a sostegno delle accuse; quanto all’aborto, il certificato parla di aborto spontaneo e dunque non era possibile avventurarsi in altre ricostruzioni.

Paola Pagnanelli