Civitanova, "La maxi eredità nelle tasche degli avvocati"

Indagine della Finanza: testamento falso e circonvenzione d’incapace, intascati beni e denaro per 1,5 milioni. Interdetti due legali

L’indagine è stata condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Finanza

L’indagine è stata condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Finanza

Civitanova Marche (Macerata), 19 novembre 2021 - Avrebbero raggirato due anziani per impossessarsi di un’eredità milionaria. Per questo per due avvocati di Civitanova, Emanuela Scoppa e Claudio Monterotti, accusati di circonvenzione di incapace e falsificazione di testamento, sono scattate le misure cautelari del divieto di avvicinamento con i braccialetti elettronici e di interdizione alla difesa.

Ma loro assicurano di non aver commesso alcun reato. Con le perquisizioni fatte ieri nello studio legale di Civitanova, è emersa l’indagine chiamata "Ultime volontà", condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Macerata su delega della procura. La vicenda ruota intorno al ricchissimo patrimonio di una anziana civitanovese.

Alla sua morte, nell’ottobre del 2020, tutta l’eredità sarebbe dovuta andare all’unico figlio. Invece al momento dell’apertura della successione si era scoperto che metà dei beni, sulla base di un testamento olografo della defunta, doveva essere destinata a un’avvocatessa; questa si era infatti presentata dal notaio qualificandosi come erede e, incamerati i beni mobili e immobili della successione, avrebbe da subito iniziato a disporne, ad esempio, sostituendo le serrature delle abitazioni.

Si trattava dell’avvocato Emanuela Scoppa la quale, con il collega di studio Claudio Monterotti, aveva a suo tempo assistito l’anziana per alcuni affari. Dopo la sua morte, i due legali avevano iniziato ad andare sempre più spesso in casa del figlio, ultrasessantenne. L’uomo aveva risentito moltissimo della morte della mamma, che per lui era l’unico punto di riferimento. Prima della morte di quest’ultima, il figlio aveva rilasciato all’avvocato Monterotti, davanti a un notaio, una procura generale con la quale gli affidava la gestione totale del patrimonio, nominandolo amministratore di sostegno, in previsione della propria eventuale futura incapacità. Questa nomina però era stata poi superata da quella disposta dal giudice tutelare di Macerata, su richiesta del procuratore, a luglio del 2020.

Dalle indagini, partite da una denuncia ed eseguite dai finanzieri anche con le intercettazioni telefoniche e ambientali, sarebbe emersa l’esistenza di un testamento apocrifo, che destinava metà del patrimonio all’avvocatessa. Sarebbe venuta fuori anche la circostanza che gli indagati, approfittando della debolezza dell’unico figlio e attraverso una frequentazione assidua, anche in pieno lockdown, lo avrebbero indotto a firmare la procura generale a favore di Monterotti.

Così i due professionisti avrebbero potuto gestire l’intero patrimonio, senza impedimenti. Da questo quadro nascono le accuse: falsità in testamento olografo e falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri a carico di Emanuela Scoppa, nonché, in concorso con il collega Monterotti, di circonvenzione di incapace. In base agli elementi raccolti dalla Guardia di finanza, il gip Domenico Potetti, accogliendo le richieste del procuratore Claudio Rastrelli e del sostituto Vincenzo Carusi, per impedire le reiterazione dei reati e le ulteriori conseguenze di questi, ha disposto per i due indagati l’interdizione per un anno dalla professione di avvocato quanto alla cura, in ogni sede giudiziaria ed extragiudiziaria, degli interessi della vittima nonché alla cura e gestione di ogni procedura in materia di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno; il divieto di comunicazione e avvicinamento alla vittima e alla sua abitazione, mantenendo una distanza minima da controllare con i braccialetti elettronici.

Inoltre, è stato eseguito il sequestro preventivo di un milione e mezzo, pari alla metà dei beni caduti in successione, corrispondenti alla parte dell’asse ereditario finita nella disponibilità dell’avvocatessa per effetto del testamento, di cui diverse perizie calligrafiche hanno attestato l’inequivocabile falsità.