Invalida per un’infezione ospedaliera "La paziente deve essere risarcita"

Anche la Corte d’appello dà ragione a una signora di Sarnano che più di venti anni fa si era ammalata a Civitanova e aveva dovuto abbandonare il lavoro. L’Asur dovrà versarle 290mila euro

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di Paola Pagnanelli

Invalida a causa di una grave infezione presa in ospedale a Civitanova, una donna di Sarnano dovrà essere risarcita dall’Asur regionale. Anche la Corte d’appello infatti ha ritenuto di accogliere il ricorso che, per la donna, era stato presentato dagli avvocati Monica Attili e Manuela Costantini. La storia risale a oltre venti anni fa, al luglio del 2000. La sarnanese, operaia all’epoca 39enne, aveva dei problemi al ginocchio. Si era dunque ricoverata a Civitanova per mettere una protesi all’articolazione. L’intervento era andato bene. Ma ben presto vengono fuori delle conseguenze anomale e molto fastidiose: la donna infatti ha contratto un’infezione, che si rivela difficilissima da combattere. La paziente è costretta ad avviare un percorso di cura che si rivela lungo e pesante; per due volte deve tornare in sala operatoria nel corso del 2003, poi ancora nel 2004 e infine l’ultima volta nel 2005. Purtroppo però, malgrado tutti i tentativi, la donna non riesce a recuperare la situazione. Le rimangono l’impossibilità di piegare una gamba e di conseguenza le difficoltà nel camminare. A causa di questa invalidità, che si rivela permanente, la sarnanese deve persino lasciare il lavoro. Nel 2010 la donna decide di farsi risarcire dall’Asur. Si rivolge all’avvocato Monica Attili, che avvia la causa e deposita subito la consulenza di parte firmata dal medico legale Giuliano Tombesi. In tribunale il giudice dispone altre due perizie affidate al medico legale Loredana Buscemi, che riconosce la responsabilità dell’ospedale. A provocare l’infezione infatti era stato il fatto che gli strumenti o il tavolo operatorio non fossero asettici, come invece avrebbero dovuto essere. Secondo il medico legale, il rispetto delle normali regole di igiene per la sala operatoria avrebbero impedito le contaminazioni. In primo grado a Macerata l’Asur, difesa dall’avvocato Ripa, e la società "Le Generali" (con cui all’epoca era assicurata l’Asur), difesa dall’avvocato Berti, hanno respinto la ricostruzione della ricorrente. Ma il giudice aveva riconosciuto le ragioni della donna fissando un risarcimento di 263mila euro, oltre al rimborso di tutte le spese. L’Asur ha fatto appello, ma anche il tribunale di Ancona ha dato ragione alla sarnanese, a questo punto il risarcimento è diventato di 290mila euro.