Nascosti al fisco 230mila euro in criptovalute

Indagine della guardia di finanza civitanovese: nei guai 11 persone, la società che ha fornito i servizi rischia una multa di 100mila euro

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Capitali nascosti al fisco comprando le criptovalute, le monete virtuali che girano online: per questo sono finite nei guai undici persone. E una società di servizi è stata multata, per aver messo a disposizione questi prodotti ai clienti senza preoccuparsi di chi fossero e della provenienza dei soldi da investire. A scoprire il raggiro è stata la Compagnia di Civitanova della guardia di finanza. Nell’ambito dei controlli sui movimenti di denaro, i finanzieri hanno individuato un sito internet che pubblicizzava servizi di consulenza e formazione per l’utilizzo della moneta virtuale. Il portale era riconducibile a una società di capitali. Sospettando che dietro ci potessero essere un sistema di riciclaggio e il reimpiego di proventi illeciti, i finanzieri hanno iniziato a verificare se la società rispettasse gli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio. Da subito è venuta fuori la mancata identificazione, attraverso un documento d’identità, dei clienti dei servizi di consulenza e formazione offerti dalla società e, al contempo, la mancata acquisizione e valutazione di informazioni sullo scopo e sulla natura del servizio reso a ciascun cliente. Le fiamme gialle civitanovesi, dirette dal capitano Tiziano Padua, hanno anche provveduto ad assumere informazioni dai clienti della società, ricostruendo il variegato pacchetto di criptovalute da loro detenuto: c’erano bitcoin, ethereum, ethos, sake token, smart chain, truebit, gelato network token, tomochain, chainlink. Attraverso l’incrocio dei dati è emerso che undici clienti non avevano denunciato al fisco il possesso delle criptovalute. Nello specifico, è risultato pari a circa 230mila euro l’ammontare complessivo degli investimenti sottratto al monitoraggio fiscale, adempimento previsto per coloro che detengono attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, alle quali le criptovalute sono equiparate. In pratica, i clienti della società avevano utilizzato la moneta virtuale per nascondere parte del loro reddito e pagare meno tasse rispetto al dovuto. Ma gli è andata male.

Alla fine degli accertamenti, il legale rappresentante della società di servizi è stato accusato di ripetute e plurime violazioni agli obblighi di adeguata verifica della clientela e di conservazione dei documenti acquisiti, con sanzioni che potranno arrivare fino a 100mila euro. Parallelamente, nei confronti degli undici clienti (investitori), che hanno omesso di dichiarare il possesso di criptovalute, sono stati avviati specifici accertamenti volti da un lato a rilevare eventuali ulteriori violazioni alla normativa fiscale e dall’altro a consentire all’Agenzia delle entrate l’applicazione delle sanzioni amministrative per l’inosservanza degli obblighi dichiarativi. L’operazione rientra nei controlli dei circuiti di pagamento alternativi al sistema bancario, degli strumenti di moneta elettronica e delle valute virtuali, indispensabile per intercettare possibili operazioni di finanziamento di reti terroristiche, di riciclaggio e di reimpiego di proventi derivanti da reato.