"Rinforzi per l’Usca: nessuno ci ascolta"

Il coordinatore Corvatta: "Attesa di cinque giorni per le visite a domicilio, in qualche caso ci vengono in aiuto i medici di famiglia"

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di Lorena Cellini

Ha pubblicato un post sulla sua pagina facebook in cui denuncia il crash dei servizi Usca e prevenzione, e accompagna la sue drammatiche parole con una foto in cui si mette le mani nei capelli. Tommaso Corvatta è un medico di famiglia e dall’inizio della pandemia Covid uno dei quattro coordinatori del servizio Usca (il nucleo medico che cura i contagiati a domicilio) su un territorio di 120 mila abitanti, che va da Civitanova a Monte San Giusto, da Potenza Picena a Recanati. Ma alcuni turni sono stati dimezzati e adesso non ce la fanno a raggiungere i malati in un tempo accettabile e c’è chi aspetta anche cinque giorni prima di ricevere una visita.

Dottor Corvatta perché quel post?

"Perché l’anno scorso di questo periodo lavoravamo con due squadre, e ogni squadra è composta da un medico e un infermiere, con turni da 12 ore, dalle 8 alle 20. Quest’anno, mentre i contagi corrono, abbiamo una squadra soltanto che fa sempre il turno da 12 ore, ridotte però a sei nei giorni festivi e prefestivi, e questo nel periodo peggiore delle pandemia. Il che aggrava il problema di non riuscire a visitare tempestivamente chi è contagiato. La media di attesa dopo una chiamata è di 4-5 giorni e purtroppo è così anche quando ci contattano perché si è ammalato un bambino".

Dopo il suo intervento si è fatto sentire qualcuno dell’Asur o dalla Regione?

"Nessuno".

La decisione di dimezzare i turni festivi e prefestivi risponde alla logica del risparmio?

"Io questo non lo so. Lo presumo, ma sarebbe incomprensibile anche perché ha penalizzato soltanto la nostra Usca. Le altre non hanno subito tagli. Consideri che dobbiamo coprire un territorio di 120.000 abitanti".

Se la situazione resta così, con questa organizzazione dell’Usca e questo ritmo dei contagi, alzerete bandiera bianca?

"Come ho scritto, siamo già a questo punto, con il servizio prevenzione che non ce la fa e provo sconforto perché poi i medici, soprattutto giovani, disponibili ce ne sono".

I medici di famiglia in questa fase che ruolo svolgono?

"A volte sono loro a chiamarci per chiedere una visita ai loro assistiti. Ma, in questo periodo in cui non riusciamo garantire il servizio prima di quattro o cinque giorni, qualcuno di loro si muove a va a domicilio".

Come evolverà la situazione?

"Sarà sempre più dura e per fortuna i contagiati che si sono vaccinati riescono a controllare le loro ansie e non pressano per avere una visita".

Il rapporto tra vaccinati e non vaccinati tra i pazienti che state seguendo?

"Cinquanta e cinquanta. Abbiamo cinque polmoniti e sono tutte di non vaccinati, ma non ci sono le prospettive di un ricovero in ospedale".

A chi ha deciso di non vaccinarsi cosa dice?

"Di farlo, per se stesso e per responsabilità nei confronti della comunità. Anche se questa variante sembra aver effetti più lievi, può portare a gravi conseguenze".