Civitanovese senza massaggiatore e acqua minerale, è bufera

Serie D I giocatori contro l’avvocato Basile: ma quale villa con giardino rifiutata, era un casolare abbandonato e ora viviamo da nomadi

Civitanovese

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Civitanova, 17 novembre 2016 - È bufera nella Civitanovese, e a scatenarla sono le parole confuse e incomprensibili dell’avvocato Domenico Basile, rappresentante del presidente. Ne ha per tutti, e non si capisce il perché. Un mistero sono i giudizi che trancia verso il nostro giornale, verso un sindaco che manderebbe allo stadio «emissari ruffiani o parassiti», e persino verso i giocatori. I quali non si limitano a prenderne atto, ma difendono la propria dignità replicando in modo severo. Lo fanno sottolineando come «in un momento di forte crisi societaria, è inconcepibile ledere la dignità di chi, fin dal primo giorno di ritiro, si è messo a disposizione della società mantenendo sempre fede agli accordi; atleti che con impegno rappresentano ogni domenica la Civitanovese in ogni stadio, cercando di mantenerne vivo l’onore che in altri ambiti qualcuno sta rovinando».

All'accusa, secondo cui non avrebbero voluto accettare gli alloggi messi a disposizione, quasi fossero prime donne, «non lo siamo – rispondono – siamo solo atleti cui erano state date garanzie già disattese a novembre o meglio ancora, mai rispettate». Del tutto risibile, stando ai giocatori, il riferimento di Basile alla «villa con giardino» da essi rifiutata perché distante dal centro. «La realtà – controbattono – è che si tratta di un casolare malmesso, una struttura piena di insetti e animali, senza riscaldamento né acqua calda, una struttura in cui il primo giorno, tra lo sgomento generale, ci siamo trovati a raccogliere all’interno una siringa». I ragazzi glissano, poi, sui rimborsi e puntano il dito su un giudizio dello stesso Basile, che parla di loro come un gruppo «in parte oro e in parte ferri arrugginiti».

«Siamo giocatori che da un mese non hanno un massaggiatore, si pagano da soli le cure mediche e le attrezzature ospedaliere. Ragazzi che lavorano e non riescono ad avere dalla società neanche una minerale da bere o il nastro adesivo per lavorare sul campo; ed è inaccettabile la mancanza, per alcuni, di un tetto, cosa che li costringe a vivere da nomadi. Come lo è – conclude la nota – questa società latente, che dovrebbe risolvere i problemi e invece attacca la rosa dei suoi giocatori, una squadra che ogni domenica prova a dare rispetto ai colori rossoblù, mettendoci l’anima e, insieme con lo staff tecnico, anche la faccia». Insomma, è una rottura a 360 gradi.