La Cosa nera e la politica negazionista

Bologna, 24 settembre 2021 - Dalla ‘ndrangheta calabrese, con cui fanno affari e trattano alla pari, hanno preso il meglio. Hanno osservato e copiato il modello italiano con l’attenzione di chi non vuole restare indietro. Affari e violenza, strategia e gerarchia. Nella classifica delle mafie degli anni Duemila le cosche nigeriane si sono ritagliate un ampio posto al sole il cui business copre traffico di cocaina e affari con i narcos, prostituzione e traffico di esseri umani.

Il processo in corso a Ferrara e le motivazioni delle prime sei condanne tracciano un quadro criminale allarmante, anche non del tutto nuovo, ma che conferma il radicamento della Cosa nera. Un rapporto della Dia precisa che le gerarchie e l’organigramma sono quelle ‘ndranghetiste, come del resto la suddivisione dei territori e dei processi decisionali. Guarda e impara, mescolando riti tribali tra frustate, torture e brindisi col sangue e organizzazione manageriale.

Ciò che le sentinelle del polIticamente corretto non amano sentirsi dire è che se i capi arrivano in modo regolare dalla Nigeria il reclutamento dei soldati pesca in parte fra le migliaia di disperati alla ricerca dell’impossibile sogno italiano. La sinistra per anni ha sottovalutato questo fenomeno criminale perché tira in ballo il tema dell’immigrazione. A Ferrara, il clan del Vikings, oggetto della maxi inchiesta, ha messo radici con affari allargati a tutto il nord Italia. E proprio qui la politica è stata a lungo negazionista per scelta ideologica. Dal 2018 al 2020 i nigeriani sono stati i cittadini stranieri che hanno subito più denunce e arresti per associazione mafiosa. Dati, non opinioni. I gruppi consolidati oggi sono i Viking, Axe, Maphite ed Eiye. La Cosa nera c’è e si vede.