Difendere la bellezza da Ppp a Volponi

Rileggere Pasolini a cento anni dalla nascita è un esercizio necessario per analizzare la storia e l’anima dei nostri territori. C’era, in Pasolini e nelle sue corrispondenze, qualcosa di atavico, di drammaticamente realistico, di incuneato nel dna di chi gli viveva accanto, da rendere quei testi una sorta di diario collettivo. Dalla grafia agli spunti, dal rapporto con Bologna ai suoi protagonisti, dalle arti alla politica: è una cronaca di comunità, fatta di atti spiazzanti e contraddizioni. Per questo, viene alla mente il suo rapporto con Paolo Volponi, uno dei massimi scrittori del Novecento, urbinate costretto a spostarsi dal paradiso della provincia e a confrontarsi con l’industria, Ivrea e poi la metropoli, nel segno di Olivetti. In queste carte dove si descrive una "campagna bellissima" tradita "dalla violenza della fabbrica", emerge un’attenzione ai territori (quell’Urbino ad esempio che Volponi pennella come un sogno quasi infantile, ma anche certe descrizioni bolognesi di Pasolini) che non dobbiamo mai dimenticare. Un patrimonio fatto di natura, ma anche borgate e periferie. Il centenario pasoliniano e la rilettura degli altri intellettuali che con lui strinsero rapporti dimostrano quanto i temi di allora siano in realtà quelli di oggi. La speculazione, i territori saccheggiati, il degrado fanno da contraltare alla bellezza di un muretto o di un tabernacolo. Spesso si parla di gentrificazione e in molte nostre città il dibattito si accende proprio sul patrimonio immobiliare (pensiamo a Bologna e allo scontro fra il think tank di Nomisma e l’amministrazione comunale): la discussione non dovrebbe partire dalle persone o dal territorio, ma dalle persone e dal territorio. La questione ambientale veniva posta da Pasolini all’interno di quella più ampia della distruzione del passato. La difesa della bellezza, tema mai superato, si lega anche alla giustizia sociale e alla valorizzazione dei territori. E’ una battaglia culturale.