Giustizia lenta, la pazienza è finita

Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

Beppe Boni

Beppe Boni

Bologna, 13 settembre 2019 - Va bene parlare di legge elettorale, va bene affrontare il tema dei migranti dopo il capitolo leghista della chiusura dei porti, va bene occuparsi dell’economia. Il nuovo governo però non deve dimenticare un nodo che in Italia è irrisolto da anni: la lentezza dei processi penali e civili e la mancanza di certezza della pena. Chi darà risposte certe su questo fronte avrà la fiducia di gran parte del Paese.

Riccardo Penazzi, Rimini

 

Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

La riforma strutturale della Giustizia galleggia a mezz’aria da vent’anni. E’ stato fatto qualche aggiustamento ma lo scenario complessivo non è soddisfacente. La Giustizia è lenta, intasata di processi, inquinata in certi casi dalla burocrazia e con troppe sacche di inefficienza, la certezza della pena è incerta. E i cittadini soffrono un senso di sfiducia molto forte. Il precedente governo ha elaborato una proposta di riforma che il riconfermato ministro Alfonso Bonafede ha sul tavolo. Difficilmente verrà riproposta così come è nata, poichè i temi concordati con la Lega è ovvio che vanno stretti al Pd. Tutti i partiti però concordano sulla riduzione dei tempi dei procedimenti (civili e penali) che oggi sono eccessivi e danneggiano sia le vittime che gli imputati. L’aspetto importante è mettersi al lavoro e varare in tempi brevi la riforma. Così non si può andare avanti. Ieri si sono confrontati per due ore il ministro Bonafede e Andrea Orlando del Pd, ex Guardasigilli a sua volta, per rivedere i capitoli della riforma. «Clima cordiale», hanno fatto sapere. «Fate presto», fanno sapere i cittadini. La pazienza è finita da tempo.  beppe.boni@ilcarlino.net