Nel nome dell'industria. Ecco la missione

Bologna, 10 novembre 2019 - Ugo La Malfa sosteneva che per guidare un sistema industriale non si può essere preindustriali. Lo diceva a fine anni '70, molto è cambiato, non la cultura anti impresa.

In Italia parlare di industria e di manifattura, apprezzarne il valore, sembra troppo spesso una missione impossibile nonostante il Paese sia la seconda potenza industriale in Europa. Tutta la vicenda dell’ex Ilva sta lì a dimostrarlo. Comunque vada a finire - augurandosi il meglio - è doveroso chiedersi come possa un investitore fidarsi di noi. Così capaci di metamorfosi che trasformano le opportunità in occasioni perdute. Al mondo, oggi, c’è un’ampia disponibilità di capitali pronti per essere investiti, ma sono diretti non solo dove la capacità di ottenere rendimenti è alta, ma soprattutto dove ci sono le condizioni migliori per fare impresa.

Riguarda anche il Nord. L’ultimo rapporto Svimez - normalmente dedicato allo Sviluppo del Mezzogiorno - quest’anno ha sottolineato un fatto grave, ma passato in secondo piano rispetto al tradizionale tema dell’Italia a due velocità, da Meridione a Settentrione: ci sono ormai, - spiega Svimez - paesi europei, specie all’Est che hanno superato l’Italia, che corrono più forte anche del Nord. È un tema, una sfida, che riguardano anche l’Emilia-Romagna, regione al voto tra 80 giorni, territorio salito al secondo posto del podio industriale italiano, con Lombardia e Veneto. Una buona lezione, quella di questi anni che hanno costruito il nuovo triangolo industriale, per chi abbia voglia di studiare, di continuare a credere nel lavoro e nel merito, di sfuggire alla kakistocrazia (l’ascesa dei meno capaci) e al naufragare nella prevalenza degli incompetenti.

Una nota personale: lascio la direzione de il Resto del Carlino nelle mani dell’amico Michele Brambilla, direttore editoriale e direttore responsabile di Qn. Ringrazio l’Editore, Andrea Riffeser Monti per l’onore che mi ha concesso di guidare il Qn e il Carlino. Gratitudine che diventa affetto pensando a voi che fate di un giornale una comunità.