Le falle della prevenzione. Quanta rabbia per il Belpaese senza scudo

E' probabile, anzi certo, che abbiano ragione gli scienziati: non ci sono più le stagioni di una volta. Anche se di autunni piovosi ne abbiamo visti, eccome, senza tornare fino al tragico 1966. Di sicuro, però, l'Italia, a differenza delle stagioni, non cambia: è sempre quella di una volta. Se possibile, persino peggio. Con una dinamica immutabile che accompagna ogni cataclisma e che si ripete a ogni evento climatico negativo.

Una rappresentazione in tre atti. Il primo, quello della prevenzione, quasi inesistente. Progetti, stanziamenti, sopralluoghi. Montagne di carte, e di parole, che partoriscono il più delle volte dei topolini. O niente. E' significativo che siano spesso le stesse aree monitorate o già colpite dalla natura, a subire nuove ferite. E se andiamo indietro con la memoria, possiamo dire che forse solo il Po e la pianura padana hanno avuto difese imponenti e adeguate dopo la tragica alluvione del 1951. Ma erano appunto una settantina di anni fa, un'altra Italia, quella che costruiva in otto anni (dal1956 al '64) e con tre mesi di anticipo sul calendario dei lavori, l'Autostrada Sole da Milano a Napoli! Quella grazie alla quale campiamo di rendita ancora oggi. Il secondo atto, dell'emergenza, è modello di efficienza pubblica e di straordinario slancio dei privati. E infatti nel mondo si studia e si imita la nostra Protezione civile, che noi stessi abbiamo smantellato dopo l'Aquila per dispetto politico (governo Monti), salvo ricostruirla in fretta e furia più o meno (probabilmente meno) come prima. Non a caso i nostri angeli del fango sono sempre pronti a rimboccarsi le maniche per dare una mano a chi ha perso le proprie cose, la propria casa, il proprio lavoro. Il terzo atto è quello della ricostruzione, che di fatto dovrebbe saldarsi con la prevenzione perché quanto accaduto non accada più, e che infatti si salda perfettamente per lentezza dei tempi, costo dei progetti, e pochezza degli effetti. Allora, oggi guardiamo Venezia, l'Emilia, la Toscana e l'Italia che vanno sott'acqua, e sappiamo che poco o nulla è stato fatto per prevenire; che in ogni angolo del Paese ci sono dei piccoli Mose costosi e incompiuti; che tanto, tantissimo, si sta facendo ora per aiutare, soccorrere; che nuovi Mose andranno però ad arenarsi nei cambi di governo, nelle incompetenze, o peggio ancora nei conflitti di competenza e nelle spirali della burocrazia. Vedere Marche, Umbria e Abruzzo per credere.

Lo diciamo con rabbia, ma anche con la speranza di essere smentiti da nuove generazioni, da una nuova consapevolezza vera e non elettorale del nostro territorio. Del suo valore vitale. Heimat, la chiamano in tedesco: terra, patria, l'amore e la cura per il posto dove si è nati o ci si sente a casa propria. In italiano non esiste un corrispettivo. E si vede.