Tutti spiati e felici

Bologna, 18 febbraio 2020 - Siamo tutti convinti che la la parola privacy da quando è entrata nella nostra vita, attraverso leggi e regolamenti, funzioni come uno scudo stellare che protegge la sfera personale dalla curiosità altrui. Tutto vero. In parte. Le norme sulla privacy tutelano da una foto non gradita, da un nome pubblicato senza permesso, da una ripresa tv rubata. Giusto, per carità.

Eppure in realtà siamo trasparenti, nudi a nostra insaputa. La tecnologia ci tutela sul piano della sicurezza, ma ci rende vulnerabili su tanti fronti che non siamo più in grado di conoscerli. Ci muoviamo in una società violenta dove siamo tutti tracciati perchè la paura ci circonda. Ormai vigilantes armati presidiano ospedali e centri commerciali. Soddisfatti da una parte, eppure paghiamo dazio dall’altra. Ma dato che non ci rendiamo conto di quanto siamo controllati, viviamo bene lo stesso. I divieti che non consentono alla tecnologia di entrare in modo eccessivo nella nostra vita sono molteplici, ma sono altrettante le diavolerie che con fini positivi permettono a svariate entità di ‘proteggerci’ e seguirci. Sempre, ovunque.

La localizzazione Gps ci rende visibili, ci segue in auto, in bici, ci fotografa quando entriamo in un ristorante o in un negozio. E il cellulare? Utile e «pericoloso». È come se parlasse. L’informatizzazione ricostruisce ogni passo del nostro lavoro, le telecamere  di sorveglianza, pubbliche e private, filmano ogni movimento, i pagamenti elettronici dicono dove siamo stati, quanto ci siamo trattenuti, quanto abbiamo speso. Se con un motore di ricerca digiti un prodotto, subito sei bombardato di offerte. I dati personali sono preziosi come l’oro e chi riesce ad acquisirli li commercia più o meno legalmente. Era meglio prima o adesso? E chi lo sa. Comunque spiati e felici. Forse.