Saman, vince l'umano

Saman. L'abbiamo tirata fuori da quella prigione finale 576 giorni dopo il brutale omicidio, organizzato e portato a termine dalla sua famiglia, perché lei aveva detto di no a un matrimonio combinato, perché lei voleva amare chi amava. Cinquecentosettantasei giorni dopo non ci resta che il corpo di questa dolce, povera ragazza. Suo zio, il sicario, il 19 novembre ha vuotato il sacco e ha detto agli investigatori: 'Vi porto dove l'abbiamo seppellita'. Da quel momento ci sono voluti dieci giorni per estrarre il cadavere e proponiamo, ci riproponiamo, una domanda posta da un nostro lettore tramite email: 'Ma perché abbiamo dovuto aspettare tutto questo tempo, perché abbiamo utilizzato macchine, escavatrici e tutto il resto per tirarla fuori da lì? In fondo quella ragazza è morta da più di un anno e mezzo, che bisogno c'era di fare tutto così con esagerati scrupoli?'. Domande, considerazioni che un po' angosciano. Risposta, anzi risposte. C'è l'aspetto investigativo, in primis, e quindi la raccolta di tutti gli elementi indispensabili per capire dall'a alla z cosa sia davvero successo a Saman, visto fra l'altro che nel 2023 inizierà il processo contro i suoi assassini. Ma questa è la parte tecnica. Per me, scusate se forse esagero, conta molto di più cercare invece il lato umano da una vicenda che di umano non ha avuto nulla. Pensate, c'è stata persino una madre (una madre! Sua madre) che ha ingannato la ragazza chiamandola a casa e condannandola al martirio. Bestialità, possiamo chiamarla così? Ci resta un corpo, che è tanta roba però. Perché un corpo, il corpo di un essere umano, se pur straziato, consumato dalla morte stessa, va rispettato. Sempre. Non sappiamo dove sia finita, volata, l'anima di Saman, ma il corpo sì. C'è. Si tocca. E bisogna comunque trattarlo con delicatezza, dolcezza, amore: tutte quelle attenzioni cioè che ancora distinguono noi essere umani da ciò che disumano. Saman, la dolce Saman, avrà anche diritto a un funerale, un degno funerale, non quella macabra sepoltura scelta dai suoi aguzzini e che per fortuna siamo riusciti a interrompere. Perché noi uomini, di qualunque razza o religione si sia, siamo capaci di qualunque azione, lo sappiamo benissimo: anche le più folli, brutali. Ma sappiamo anche che del mistero, della morte, di ciò che resta di noi, bisogna avere rispetto. Anche i riti possono essere sinonimo di rispetto. E allora: grazie ai magistrati e alle forze dell'ordine che hanno trovato Saman. Non è un dettaglio, è una gran bella notizia.