Venerdì 19 Aprile 2024

Covid, in viaggio nel cuore del Paese

Dov’erano finiti tutti? Rieccoli qui dopo tre mesi. Stessa autostrada, stessa fila, stesso autogrill. Esaurito il lockdown, aperti i confini regionali, gli italiani tornano a essere un popolo di viaggiatori. Sull’A1 che corre da Milano a Roma è tornato il traffico ante pandemia. Nelle stazioni, negli aeroporti, riappare il popolo dei trolley. È il Paese dei figli che riabbracciano i genitori lasciati al sud, dei fidanzati che si corrono incontro, dei turisti assiepati nelle città d’arte. Fatti gli italiani, ora bisogna rifare l’Italia, ricomporla con i tasselli separati per mesi. Qualcosa spinge tutti a muoversi, a rimettersi in viaggio senza avere motivi urgenti e indifferibili ragioni di salute e lavoro.

Muoversi liberati dai commi delle autocertificazioni, per mesi patente di semilibertà. I passeggeri di Frecce e Intercity sono quasi triplicati: da 8mila a 22mila in un giorno. «Sold out 26 treni», annunciano le Ferrovie (ma si viaggia solo con metà dei posti di prima). A Messina c’è la coda ai traghetti, a Ventimiglia ci si incolonna per andare in Francia. È il desiderio di libertà covata sotto le ceneri della quarantena. Ma attenti, abbattuti i confini regionali per decreto se ne sono alzati altri. Quelli della febbre, per dire. Nel Lazio non si entra con una temperatura superiore ai 37,5 gradi. I controlli sono una rete. A Fiumicino è stata trovata positiva al Covid una intera famiglia romana proveniente da Chicago. "Il cluster è stato immediatamente isolato", ha annunciato il governo. Cluster, non più famiglia. Perché i confini sono rimasti tra persone. Le distanza, le pareti di plexiglas, le mascherine. I termoscanner all’ingresso di ogni luogo pubblico, i guardiani con smart helmet ti fanno la radiografia. 

È cambiata l’estetica dei luoghi e la percezione di sicurezza tra le persone. Ti fermi in un bar, in un autogrill, nell’atrio della stazione, e ciò che osservi con sguardo sospettoso non è il ceffo che potrebbe soffiarti il portafogli. No, oggi ogni senso è acceso per cogliere un colpo di tosse, una protezione abbassata, un avvicinamento di troppo, anche involontario. L’Italia si muove, ma è circospetta. Si salvano gli sguardi, solo quelli. Gli occhi che fiammeggiano sopra le mascherine, unico spazio per cogliere il significato di un viso, per intuire una smorfia di sospetto o di simpatia. La mascherina è il sudario che ci è rimasto addosso da questa esperienza, la foglia che non ci fa sentire nudi di fronte alla fragilità umana. "Tornare a casa dopo tre mesi è un’emozione", "Finalmente abbraccio la nonna in Sardegna", battono le agenzie di stampa raccontando istantanee di una Italia incredula di tornare a spingersi più in là. Storie, intrecci, passioni, paure. Dov’erano finiti tutti? Sono qui. Distanziati socialmente, ma con un enorme bisogno di stare vicini, a guardarsi dritti negli occhi.