Stop alla violenza sulle donne: una battaglia da vincere

Centoquattro donne uccise in undici mesi, fino al 20 novembre, su un totale di 273 omicidi commessi in Italia. Ottantotto omicidi avvenuti in ambito affettivo o familiare: in 52 casi il killer era il partner o l'ex. Spesso i numeri dicono più di mille parole. E quelli diffusi ieri dal Viminale danno la dimensione di un fenomeno che attraversa la società in lungo e in largo, senza distinzioni di ceti, età o condizioni. I numeri, ancora: solo nell'ultima settimana, dal 14 al 20 novembre, gli omicidi in Italia sono stati dieci. Sette vittime erano donne, due sono state uccise da partner o ex. Di 104 vittime, la maggior parte è stata uccisa con coltelli, almeno 37; altre 23 con armi da fuoco, poi ci sono i femminicidi a mani nude. E' una contabilità dell'orrore e il calo (irrisorio) delle vittime rispetto all'anno scorso - cinque in meno nello stesso periodo - non cambia la sostanza dei fatti. A livello mondiale, l'Onu calcola che ogni ora più di cinque donne e ragazze hanno trovato la morte in famiglia. Un femminicidio ogni dodici minuti. Torniamo in Italia: il Codice Rosso - la legge numero 69 del 2019, a tutela a tutela di donne e soggetti deboli che subiscono violenze, atti persecutori e maltrattamenti - ha dato a magistrati e forze dell'ordine nuovi e importanti strumenti di intervento, introducendo una corsia preferenziale per le indagini contro questo genere di reati (vale la pena di ricordare che solo nel 1981 furono abolite le norme sul delitto d'onore e sul matrimonio riparatore). Ma l'inasprimento delle pene, la codificazione di nuovi reati e la repressione non bastano. Ci sono almeno un paio di concetti da porre a fondamenta di una battaglia di civiltà che ci riguarda tutti: prevenzione e cultura. E non è retorica d'occasione. Prima ancora che lo Stato (cui spetta l'onore e l'onere dell'esempio), è la società a dover generare anticorpi contro ogni forma di discriminazione. Come? Parlandone, innanzitutto: riflettori accesi sempre, sensibilizzazione, attenzione. E ancora: aiutando. La rete di protezione va resa capillare, i centri antiviolenza potenziati, così come le strutture di aiuto. Aiutare significa anche non voltarsi dall'altra parte, e ciò attiene alla nostra coscienza di cittadini. L'educazione, appunto: un percorso nel quale la scuola (ma non solo) svolge un ruolo fondamentale. Giorgia Meloni, prima donna presidente del Consiglio, ha assicurato il massimo impegno alla vigilia della giornata internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre). Il sì bipartisan della politica a nuove misure fa pensare che si possa andare avanti sulla strada giusta.