Magiche Marche, a Senigallia in mostra le opere scampate al terremoto

Crivelli, Perugino e Giaquinto, capolavori tra Sibillini e Adriatico

Nicola di Ulisse da Siena 'Santandrea e la battaglia fra ginesini e fermani'

Nicola di Ulisse da Siena 'Santandrea e la battaglia fra ginesini e fermani'

Senigallia, 3 dicembre 2018 - Una mostra che, testimoniando la centralità delle Marche nella storia dell’arte, tiene viva la memoria sui molti territori feriti dai terremoti di due anni fa. Tanti sono infatti i piccoli centri oggi in ginocchio che hanno saputo custodire nei secoli autentici capolavori di artisti che nacquero, vissero o transitarono in queste zone. La mostra si intitola Dai Monti Azzurri all’Adriatico. Crivelli, Perugino, Giaquinto ed è curata da Stefano Papetti al Palazzo del Duca di Senigallia (fino al 3 marzo).

L’esposizione racconta, dal Rinascimento al Barocco, una lunga stagione, durata ben quattro secoli, di arte nelle Marche. Lavori che, come recita il titolo, è possibile ritrovare percorrendo la linea rossa che congiunge i territori dell’interno, a ridosso della linea degli Appennini – i cosiddetti Monti Azzurri sono quelli che formano la catena dei Sibillini: la definizione deriva dal particolare colore che assumono, visti a distanza, al sorgere e al calare del sole, e così li citò Leopardi in un celebre passo de Le ricordanze – fin giù, sulla costa bagnata da quel particolarissimo mare che è l’Adriatico, una stretta lingua d’acqua che non divide bensì unisce, rendendo fluidi confini e culture, l’Occidente con l’Oriente.

«Si tratta – spiega Stefano Papetti illustrando la natura della mostra – di una stupefacente serie di capolavori che dialogano con il patrimonio artistico conservato a Senigallia, come la piccola tavola di Perugino, autore anche della monumentale ancona della chiesa di Santa Maria delle Grazie che attesta la grande diffusione del verbo peruginesco nel vasto territorio centro italiano, ma anche le tavole di Vittore Crivelli che testimoniano la fortuna dello stile forbito elaborato nelle fiorenti botteghe lagunari in continuo dialogo con il contesto adriatico».

Percorrendola, la mostra è uno scrigno delle meraviglie che scandisce il tempo in ordine cronologico, dalle grandi pale d’altare quattrocentesche, fino alle nature morte di tre secoli dopo, quelle collezionate da Fortunato Duranti – originario di Montefortino, paese che sorge alle pendici proprio dei monti Sibillini –, artista che, in piena temperie romantica, si dedicò alla riscoperta del Barocco.

Per lo spettatore il viaggio comincia con la tavola Sant’Andrea e la battaglia fra Ginesini e Fermani che Nicola di Ulisse da Siena dipinse intorno al 1463 rendendo immortale la figura della Fornarina, cioè la giovane fornaia che diede l’allarme dell’arrivo dei nemici, salvando così nel 1377 il suo borgo di San Ginesio da una sicura e dolorosa sconfitta. Si prosegue con la Madonna orante, il Bambino e angeli musicanti di Vittore Crivelli, una delle prove degli incroci artistici che dal Trecento hanno legato Venezia e le Marche. E poi ecco la Pala di Senigallia, complessa opera del Perugino a cui fa quasi da contraltare la drammaticità del Cristo della Passione ancora del Perugino. Attraversando le opere di Vincenzo Pagani, Antonio Romano, Simone De Magistris e Machisiano di Giorgio si arriva così al Settecento con La maga di Corrado Giaquinto, olio su tela omaggio alle fantastiche storie di quei Sibillini che devono il loro nome alla Sibilla Appenninica, leggendaria presenza che veglia su questi luoghi.