Il ticket no, non l’ha proprio considerato. Stefano Bonaccini di una cosa è sicuro: l’ipotesi che per la segreteria Pd possa esserci un corsa congiunta tra lui e la sua ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna, Elly Schlein, è destituita di fondamento.
"Non mi permetterei mai di dire a un altro che deve stare con me o sotto di me" ha messo in chiaro il governatore lunedì sera, ben prima che la neo-deputata dem compisse il passo decisivo verso la candidatura. "Parlerò sempre bene di Elly: non ho alcun motivo di criticare chicchessia e non mi permetto di chiederle di sostenere la mia candidatura solo perché è stata la mia vicepresidente. Farà la scelta che preferisce o predilige" ha aggiunto Bonaccini, ospite del salotto bolognese di Patrizia Finucci Gallo, ricordando di aver chiamato Schlein in giunta "convinto che fosse una ragazza giovane e con qualità" e come la conosca dal 2014, quando, all’epoca della segreteria Renzi, la mise nella lista che le valse un posto in Europarlamento ("arrivò sesta, ma visto che quell’anno prendemmo il 41% furono eletti più candidati dal solito").
Ben venga dunque il suo rientro nel Pd, ma nessun accordo tra i due, almeno per ora. Anche perché Bonaccini ha le idee chiare sul partito che vuole realizzare in caso di vittoria: basta con il correntismo esasperato, via una fetta consistente del gruppo dirigente ("per gran parte è lo stesso da troppi anni") e porte aperte agli amministratori del territorio. "Serve una nuova stagione – ha chiarito –, bisogna metterci la faccia e andare a prendersi i voti uno per uno. Il nostro partito governa nella maggior parte degli enti locali, voglio pescare a piene mani in una classe dirigente locale già pronta. Negli ultimi anni come Pd nazionale abbiamo tenuto in panchina troppi amministratori di valore".