Un buco nero si aggira sopra di noi: ci divorerà?

Fotografato Sagittarius A : il corpo celeste supermassiccio, al centro della Via Lattea, è il più vicino alla Terra. E rispuntano antiche paure

L’immagine del buco nero realizzata dall’Event Horizon Telescope

L’immagine del buco nero realizzata dall’Event Horizon Telescope

Le ataviche paure fanno parte dell’esistenza. Pensate a "Mille e non più Mille!" quando l’umanità s’affacciava al secondo millennio. Il terrore della fine del mondo riempì le chiese di penitenti e le tasche di predicatori seri e meno seri. Eppure la notte di San Silvestro della fine del primo millennio trascorse senza cataclismi.

La Event Horizon Telescope, un team di trecento scienziati e ricercatori che collaborano a scopi comuni, ha fotografato Sagittarius A. Si tratta di un vorace fenomeno cosmico capace di ingurgitare le masse dei pianeti nel vortice della sua antimateria. Così, a tre anni dalle prove fotografiche di un caso analogo nella galassia M87, ecco apparire all’orizzonte un nuovo buco nero. Questo scomodo inquilino si trova, però, al centro della nostra Via Lattea. Quindi assai astronomicamente vicino alla Madre Terra. Non spaventatevi nell’immediato: prima che arrivi a divorare noi, passeranno alcuni milioni di lustri. Eppure la notizia è sufficiente a risvegliare l’antica paura della fine del Creato.

Il buco nero della via Lattea esiste: la prima foto della storia

Forse anche questo fa parte del nichilismo insito nell’umana specie: la certezza che tutto abbia fine porta a ricercare altri modi più appariscenti per uscire di scena. E il buco nero ben si accompagna agli stereotipi del terrore cosmico, come l’asteroide impazzito o la tempesta solare. Con una differenza. Mentre tutti gli altri sono decisivi e senza uscita, il concetto ancora poco chiaro di antimateria apre il pensiero all’alternativa: se oltre al vortice del buco nero esistesse una diversa anti-vita?

Anche questo fa parte dell’umana ragione: trovare una scappatoia perché incapaci di rassegnarci che giungerà la fine. Intanto ci crogioliamo nelle nostre quotidiane paure, dimentichi di quanto entusiasmante sia vivere alla giornata. Forse, apprezzare la vastità del mistero del cosmo aiuterebbe ad assimilare una visione della natura meno ostica: ciò che ci circonda non vive in funzione della distruzione dell’insignificante genere umano – temo che quello, prima o poi, riuscirà ad annientarsi da solo – ma secondo il perfetto equilibrio che governa ogni cosa. Dinanzi a questo quotidiano miracolo, trascorrere il nostro tempo a impaurirci serve a poco. Meglio sarebbe stupirci impotenti al cospetto di tanta meraviglia.