Giovedì 18 Aprile 2024

"Buon Natale? Meglio buone feste". Nuove linee guida, l’ultima follia Ue

La Commissione prova a giustificarsi: "Si tratta di un documento interno, siamo neutrali sulla religione"

Ursula von der Leyen, 63 anni, la presidente della Commissione Ue

Ursula von der Leyen, 63 anni, la presidente della Commissione Ue

Cosa c’è – anzi, cosa ci dovrebbe essere – di più spontaneo e vero di un augurio di Natale? Nulla. Se solo la Ue non avesse pensato bene di dare una "direttiva" anche su questo per evitare – si sostiene – di non mettere in imbarazzo chi riceve un augurio, ma non è di fede cristiana. Non una semplice raccomandazione, attenzione, ma un vero e proprio decalogo stilato dalla commissione Ue, con all’interno una lista di espressioni da usare per non urtare la sensibilità di nessuno: niente riferimento religioso negli auguri, in ogni discorso sul 25 dicembre o nelle frasi scritte per mail o messaggio. "Ogni persona in Ue ha il diritto di essere trattato in maniera eguale", si legge, senza riferimenti di "genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale". Questo, scrive Bruxelles per una "corretta comunicazione" raccomandata dalla Commissione dal titolo "Union of Equality".

L'Ue ritira le linee guida sul linguaggio dopo le polemiche: "Non adeguate"

Sembra di sognare? Un po’ si. Perché addirittura la parola che da il senso al tutto, appunto "Natale" va – andrebbe – sostituita con "festività" o "feste". Ecco un esempio concreto contenuto nel documento: al posto di "il Natale è stressante", si deve dire "le festività sono stressanti". Quindi, invece di "buon Natale" è preferibile "buone feste". "Evita di dare per scontato che tutti siano cristiani — è l’indicazione contenuta nel documento interno —. Non tutti celebrano le feste cristiane, e non tutti i cristiani le celebrano nelle stesse date. Sii sensibile al fatto che le persone hanno diverse tradizioni religiose e calendari".

Anche "buone vacanze" potrebbe andare bene. Un altro esempio: non usare nomi cristiani o che siano tipici di una religione. Tra gli altri suggerimenti, "non usare mai nomi di genere come ‘operai, poliziotto o pronomi maschili’ come un valore predefinito"; "quando si utilizza una varietà di immagini, testimonianze e storie, assicurarsi che riflettano la diversità in tutti i suoi sensi". Insomma, gli stereotipi sono da eliminare che siano basati su sesso, età ed etnia. E così, devono sparire "Signori e signore", da sostituire con "cari colleghi".

"L’Europa cancella le nostre radici cristiane", è la trincea issata da Lega e Fd’I, mentre a Strasburgo l’azzurro Antonio Tajani ha inoltrato immediatamente un’interrogazione scritta alla Commissione. Bruxelles si è subito difesa: "Non vietiamo o scoraggiamo l’uso della parola Natale, è ovvio. Celebrare il Natale e usare nomi e simboli cristiani sono parte della ricca eredità europea", spiegano fonti dell’esecutivo europeo. Ma ormai la polemica divampa. Spiega la commissaria Ue all’Uguaglianza Helena Dalli. "Le parole e le immagini che usiamo nella nostra comunicazione quotidiana trasmettono un messaggio su chi siamo e chi non siamo", a partire anche dal tema della disabilità e dell’età. Dire anziani può essere offensivo, meglio usare popolazione più adulta".

Nel documento, anche il tema dell’orientamento sessuale è centrale. Mai dire "un gay", ma piuttosto "una persona gay". Usare la formula "una coppia lesbica e non due lesbiche", così come nella rappresentazione di una famiglia, dove "marito, moglie, padre o madre", non rispecchiano il linguaggio inclusivo voluto dall’Ue. Meglio ’partner’ o ’genitori’. Insomma, l’ipocrisia è servita. A partire da Natale.