Coronavirus, ecco i farmaci che funzionano

Cinque test in corso su medicine che normalmente vengono utilizzate contro altre malattie. Allo studio anche gli effetti sul Covid-19 di alcune molecole già impiegate nei reparti ospedalieri

Un laboratorio dove vengono analizzati i tamponi del Coronavirus

Un laboratorio dove vengono analizzati i tamponi del Coronavirus

Roma, 1 aprile 2020 - La ricerca scientifica a livello mondiale si è lanciata nella guerra al Coronavirus. Siamo frastornati dalle notizie riguardanti l’impiego di antivirali, antimalarici e anticorpi monoclonali, ma ci sono tante altre molecole impiegate nei reparti ospedalieri, oltre all’ossigeno e ai disinfettanti.

Nicola Magrini, direttore dell’Agenzia del farmaco (Aifa), ricorda che le terapie di cui parliamo sono in attesa di convalida, cosiddette off label, cioè etichettate per usi diversi. Si ripresenta uno scenario già visto con l’Hiv-Aids, quando per la prima volta fu impiegata l’Azt, sviluppata nel 1964 come antitumorale, e si vide che funzionava.

Recentemente l’Agenzia europea dei medicinali (Ema) ha ammesso altre soluzioni derivate dalle terapie per l’artrite reumatoide, per fermare la polmonite interstiziale nei pazienti Covid. Si tratta di emapalumab, anticorpo monoclonale umano ricombinante anti-interferone gamma prodotto da Sobi, che sarà sperimentato per attenuare l’affanno respiratorio, e di sarilumab, anticorpo monoclonale contro il recettore dell’interleuchina-6 di Sanofi/Regeneron. Sono quindi cinque in tutto i trial in corso, due studi sull’antivirale remdesivir, uno sull’anticorpo tocilizumab, quello che l’oncologo Paolo Ascierto ha impiegato con esiti promettenti al Pascale di Napoli, e i due nuovi studi ci cui si è detto prima.

Ma a fare la parte del leone in questi giorni sono idrossiclorochina e clorochina, antimalarici come il Plaquenil. L’Aifa li passa, in deroga alla legge 648, visto che hanno mostrato di essere validi. Sono compresse prescritte in combinazione con un antibiotico e con paracetamolo, per tenere a freno la febbre. Sopra i 37 e mezzo la temperatura è uno dei sintomi dell’infezione assieme a stanchezza, dolori muscolari, perdita della sensazione degli odori e profumi (anosmia) e alla incapacità a percepire i sapori degli alimenti. "Anche l’ossigeno deve essere considerato alla stregua di un farmaco", ha osservato Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità, con due ospedali in Lombardia sotto la sua responsabilità. Da qui l’importanza di avere respiratori da pronto intervento. La somministrazione di ossigeno è cruciale perché nelle polmoniti interstiziali gli alveoli tendono a collassare e c’è il rischio di perdere capacità respiratoria. Nel giro di qualche mese poi arriverà il vaccino, e a quel punto potremo iniziare a trattare il Coronavirus con un’immunizzazione di massa, come già avviene per le campagne antinfluenzali.