Drive in tamponi nel Veneto. Il colonnello: "La gente ci ringrazia"

Il colonnello Sergio Garofalo sta coordinando le attività in tutto il Veneto per l’operazione Igea

Il colonnello Sergio Garofalo durante l’allestimento della struttura nella cittadella

Il colonnello Sergio Garofalo durante l’allestimento della struttura nella cittadella

Rovigo, 26 novembre 2020 - Al servizio della popolazione non solo attraverso missioni internazionali ma anche sul suolo italiano per la gestione di ogni emergenza. Questa la missione dell’esercito impegnato in questi mesi nella battaglia contro il Coronavirus. A raccontare il ruolo ed i compiti dei militari il colonnello Sergio Garofalo, 56 anni, laureato in medicina e chirurgia all’università di Perugia, specializzato in ginecologia ed ostetricia a Bari ed in dermatologia e venereologia all’università di Padova. Il colonnello vanta esperienze in missioni internazionali nell’area balcanica, come Bosnia e Kosovo. Garofalo è direttore del dipartimento militare di medicina legale di Padova e sta coordinando le attività di tutto il Veneto per l’operazione Igea. Perché è così importante il supporto della Difesa in questa pandemia? "Si tratta di un’operazione fortemente voluta dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che prevede la gestione di 200 ‘drive-through’, punti per tampone con accesso in auto, come quello nella cittadella sanitaria di Rovigo. Al momento in tutto il Veneto ce ne sono 16, un forte contributo alla sanità. L’obiettivo è supportare e alleggerire il carico di lavoro. Ogni postazione ha un medico, due infermiere della Marina Militare e due militari a sostegno logistico. Lo scopo è decongestionare le attività delle Asl ma non solo. Le sziende sanitarie per i punti di esecuzione tamponi devono impiegare personale interno. Con il nostro contributo è possibile diminuire questo personale e impiegarlo in altre attività"  

Qual è il suo ruolo? "Sono coordinatore attivo per tutto il Veneto. Il mio compito è verificare come vanno i lavori e mantenere le disposizioni. Ma esserci è importante anche per dare un sostegno emotivo al personale che sta lavorando. Tutte persone che al momento sono state trapiantate nelle zone dove stiamo operando e che resteranno qui almeno per un paio di mesi".  

L’esercito è stato impegnato da subito in questa emergenza con diverse attività. Quali? "Durante la prima fase siamo stati impegnati nel supporto diretto agli ospedali e nelle case di riposo, come ad esempio quella di Merlara. Attualmente stiamo dando sostegno agli ospedali di Legnago, Villafranca e di Bussolengo, dove il personale medico ed infermieristico militare sta operando in concorso con quello sanitario"  

Fondamentale si è rivelata la sinergia tra ministero della Difesa, Asl e cittadinanza "In queste occasioni il personale medico ed infermieristico ha avuto un ruolo fondamentale e ha ricevuto un grande apprezzamento. La sanità militare non scende in campo solo per missioni internazionali ma anche in caso di emergenze, come questa pandemia. Una sanità composta da personale addestrato, con alle spalle un’esperienza maturata anche nelle missioni. Persone abituate a gestire condizioni di rischio e a lavorare sotto stress. La risposta della popolazione è stata gratificante e ha ripagato i nostri uomini e le nostre donne dagli sforzi fatti in questi mesi".