Fase 2 Emilia Romagna coronavirus, dimezzare i contatti

Lo studio fissa i limiti della socialità dopo l’allentamento del lockdown. "Dai 15 incontri giornalieri passeremo a 7"

Fase 2, la socialità resta limitata

Fase 2, la socialità resta limitata

Bologna, 29 aprile 2020 - Dimezzare il numero medio di contatti interpersonali giornalieri, rispetto a quelli pre-lockdown, per mantenere sotto controllo i nuovi ricoveri da Coronavirus nella fase 2. Questo è lo scenario che prospetta, per l’Emilia-Romagna, il progetto interdisciplinare di ricerca coordinato dall’Alma Mater e dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici: per stare al sicuro, da 15 contatti bisognerebbe scendere a 7, ossia circa al 50%.

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Misure più rigide per la Lombardia, dove i contatti dovrebbero ridursi dell’80% e assestarsi a 3. Lo studio, diffuso online in forma ‘preprint’, utilizza un modello matematico inizialmente sviluppato per il contesto cinese e poi adattato dai ricercatori all’ambito emiliano-romagnolo e a quello lombardo, utilizzando i dati della Protezione civile.

"Ipotizzando diverse misure di distanziamento sociale è possibile prevedere l’impatto che l’epidemia di Covid-19 potrebbe avere sui servizi ospedalieri – spiega Chiara Reno, prima autrice dello studio e specializzanda in Igiene e medicina preventiva –. Questi modelli previsionali possono essere di aiuto per i decisori politici per informare le scelte da compiere nel corso della ‘fase 2’. Come mai siamo partiti da 15 contatti? È l’ipotesi sviluppata per il contesto cinese, su cui abbiamo lavorato, integrando i dati italiani e arrivando al dimezzamento, anzi a 7 con l’indicatore medio che è emerso".

Il gruppo di ricerca è stato coordinato da Maria Pia Fantini, direttore della Scuola di Igiene e medicina preventiva dell’università. "Per calcolare i diversi scenari relativi alle due regioni italiane maggiormente al centro della diffusione del virus – precisa –, abbiamo applicato un’estensione a un modello epidemiologico noto come Sir-Seir, nel quale la popolazione viene suddivisa in categorie rispetto all’esposizione alla malattia: le persone suscettibili all’infezione, quelle esposte al virus, gli infetti sintomatici e asintomatici, gli ospedalizzati e i guariti".

Ma per adattare il modello al contesto italiano, che ha mostrato differenze nelle modalità di presa in carico dei casi Covid-19, "è stato necessario aggiungere un’altra categoria – sottolinea Fantini, quella dei pazienti con sintomi lievi che vengono curati a domicilio, che in Italia rappresentano circa il 70% dei casi registrati". Per Reno, "il sistema lombardo, concentrato sul ruolo degli ospedali, può contribuire ad aumentare lo stress su queste strutture sanitarie, mentre quello misto dell’Emilia-Romagna, basato sia sugli ospedali sia su reti di supporto territoriali, potrebbe invece aiutare a gestire meglio la diffusione dell’epidemia".

Antonio Navarra, presidente del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, sottolinea che "il modello usato è idealizzato, tuttavia mette in luce alcuni comportamenti e il parametro fondamentale è il numero medio di contatti al giorno, 7 per l’Emilia-Romagna.

Il tetto dei ricoveri in modo da evitare l’emergenza? Questo non possiamo saperlo, l’importante è dare un indicatore medio per impedire che il sistema ospedaliero vada sotto stress. Ora, grazie al lavoro con gli epidemiologi e i biostatistici, abbiamo creato un modello per monitorare l’effetto delle misure di distanziamento sociale". Il fisico va più avanti: "Sarà importante raccogliere anche i dati reali sui contatti sociali delle persone. Una possibilità potrebbe essere la localizzazione dei telefoni, ma senza violare la privacy dei cittadini".