Giornata della Memoria, il sacrificio dei carabinieri

Un episodio meno conosciuto della Resistenza: la deportazione subìta da circa 2mila uomini dell'Arma romani tra il 6 e il 7 ottobre del 1943

Molti carabinieri finirono nei lager nazisti (Foto Ansa)

Molti carabinieri finirono nei lager nazisti (Foto Ansa)

Roma, 26 gennaio 2021 - Il Giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio perchè questa data conserva un valore altamente simbolico. Infatti il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa abbattevano i cancelli di Auschwitz. E rivelavano al mondo, per la prima volta, la realtà del genocidio in tutto l'orrore dei campi di sterminio. Solo ad Auschwitz, nel lager costruito in Polonia dai nazisti, furono uccise 1 milione di persone. Questa data nelle intenzioni della società civile deve servire come monito: "l’Olocausto, che provocò l’uccisione di un terzo del popolo ebraico e di innumerevoli membri di altre minoranze, sarà per sempre un monito per tutti i popoli sui pericoli causati dall’odio, dal fanatismo, dal razzismo e dal pregiudizio". Sfogliando le pagine ingiallite che raccontano la storia di migliaia di vittime ci sono anche episodi meno conosciuti, sempre legati alla Resistenza. Come quello della deportazione subita da circa 2mila carabinieri romani tra il 6 e il 7 ottobre del 1943, episodio di fatto legato indirettamente al famoso e tragico rastrellamento di un migliaio di ebrei del ghetto di Roma il 16 ottobre. I carabinieri ricordano questo episodio con lo stesso valore del sacrificio di Salvo D'Acquisto, il vicebrigadiere che si sacrificò volontariamente pochi giorni prima, il 23 settembre 1943, per salvare un gruppo di civili durante un rastrellamento delle truppe naziste.

 Con l’armistizio dell’8 settembre, mentre tutto il Regio esercito si era disciolto, sbandato e senza ordini, i carabinieri erano rimasti al loro posto per continuare a svolgere i compiti di polizia a favore della popolazione, così come previsto dalle convenzioni internazionali in caso di occupazione. Ma il loro giuramentio li legava al re. Quindi, pur formalemente alle dipendenze dei tedeschi, essi si dimostrarono subito nella maggior parte poco collaborativi, a cominciare dal fatto che l'Arma si era sempre dichiarata non disponibile a prendere parte alle esecuzioni capitali e non aveva giurato fedeltà al regime di Salò. Già di per sé un peccato mortale. Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma, aveva già quindi messo nel mirino i carabinieri, ritendendoli inaffidabili per l'alleanza tedesca e considerandoli un possibile ostacolo al rastrellamento del ghetto che sarebbe avvenuto di lì a poco. Anche una parte dei fascisti guardava con sospetto i carabinieri considerandoli parte attiva dell'arresto di Mussolini dopo la caduta del fascismo.  Dunque, da parte dei nazifascisti si decise di agire.

L'ordine di disarmo verso i carabinieri fu impartito, il 6 ottobre 1943, direttamente dal generale Graziani, ministro della Difesa, che per costringere gli stessi ufficiali dell'Arma ad eseguirlo aveva minacciato di passare per le armi i disobbedienti e di effettuare rappresaglie sulle loro famiglie. Ovviamente il Maresciallo d’Italia agì d’intesa con il Comando tedesco, vero ispiratore del blitz. Molti carabinieri ebbero sentore di ciò che stava per accadere e riuscirono a fuggire. Ma non fu così per tutti. E la maggior parte delle catture avvenne nelle caserme di grandi dimensioni: la Legione allievi, la Podgora a Trastevere, Piazza del Popolo, la Pastrengo del gruppo squadroni e San lorenzo in Lucina. Se la cavarono meglio molti militari delle unità minori sparse per la capitale che riuscirono ad allontanarsi.

I prigionieri vennero portati alle stazioni ferroviarie di Ostiense e Trastevere e con più treni avviati verso il nord, convinti che la loro destinazione finale sarebbe stata la zona di Fidenza. L'ennesimo inganno.  A Bologna, anche grazie alle confidenze di alcuni ferrovieri italiani, i carabinieri capirono che la loro destinazione sarebbe stata la Germania per cui, nei pressi di Udine, le evasioni, già iniziate in Emilia si fecero frequenti ma la maggior parte dei catturati finì nei lager come internati militari. E questi furono oggetto di grande disprezzo da parte dei tedeschi rispetto agli altri prigionieri perchè i nostri soldati erano dei prigionieri per così dire “volontari” ostili a qualsiasi collaborazione. Ma decisi a conservare l'onore perchè legati al giuramento fatto al re, che pure non aveva dato grande esempio fuggendo al sud. La resistenza di questi e degli altri uomini in divisa fu quindi combattuta nei campi di sterminio. Molti morirono e altri tornarono. Quasi tutti questi ultimi indossarono di nuovo la divisa da carabiniere, fedeli al valore nel quale credevano.