Covid e scuola, la prof accusa i colleghi pro dad. "Pensano solo al loro interesse"

La docente e cofondatrice di ’Priorità alla scuola’: torniamo in classe, il bene della collettività è superiore

Una ragazza protesta contro la dad. Sotto, la professoressa Gloria Ghetti

Una ragazza protesta contro la dad. Sotto, la professoressa Gloria Ghetti

"Ci sono professori che mettono davanti all’interesse collettivo quello individuale o della propria famiglia. Per questo non vogliono tornare in classe. È un errore madornale, la scuola a settembre deve tornare in presenza". Per Gloria Ghetti, docente di storia e filosofia al liceo Torricelli-Ballardini di Faenza e tra le fondatrici di ‘Priorità alla scuola’, non ci sono alternative. Il futuro dei nostri ragazzi si gioca nei prossimi mesi.

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Professoressa, i risultati della didattica a distanza sono sotto gli occhi di tutti: test Invalsi disastrosi, studenti che escono dalle superiori con una preparazione da terza media e gravi danni psicologici. Voi docenti quando avete capito che la dad non poteva funzionare?

"Io il primo anno, parliamo di marzo 2020, mi ci sono anche impegnata. Eravamo stravolti. All’inizio la dad sembrava il male minore, anzi era vista come una risorsa: ci ha permesso di restare in contatto con gli studenti, capire assieme a loro cosa stava succedendo. Ma già verso la fine dell’anno erano apparse tutte le difficoltà e le criticità, con i ragazzi che non riuscivano più a brillare".

E il secondo anno?

"Ancora peggio del primo. È stato devastante. Il Paese è andato avanti e le scuole sono rimaste chiuse. C’è stato un vero e proprio accanimento. Uno dei miei migliori ragazzi, preso dallo sconforto dopo cinque ore davanti al pc, una volta mi ha confessato: ‘Ma che senso ha continuare a studiare così?’. La dad è stato uno strumento utile per gestire l’emergenza, ma visto che l’emergenza non c’è più è ora di smetterla con la didattica a distanza".

Ma se tutti conoscevano gli effetti della dad, come mai i pochi che come lei provavano ad alzare la voce sono stati messi a tacere?

"Ci sono colleghi che si sono accorti molto tardi dei problemi della dad. Ognuno ha una sensibilità diversa. Ci sono docenti che non avevano capito come stesse venendo a mancare il senso profondo del nostro mestiere, che non è trasferire delle nozioni, ma instaurare una relazione reciproca con i ragazzi. Una relazione che non può in alcun modo nascere se siamo tutti dietro uno schermo".

Allora come mai c’è ancora chi tra presidi, sindacati e docenti non vuole tornare in classe?

"Il rischio zero non può esistere. I contagi ci saranno, ma non possiamo vivere sull’isola che non c’è. Inoltre è stato ormai dimostrato che la scuola non fa schizzare i la curva dei nuovi casi. I focolai non partono dalle classi. Chi si fa prendere da paure più o meno legittime deve imparare a riconoscere l’interesse collettivo, che è sempre prevalente. Tornare in classe fa bene anche a noi insegnanti".

In che senso?

"Dobbiamo capire che facciamo parte di una collettività che cerca di superare una crisi globale. Chiudersi in una stanza non può essere la soluzione. Possiamo salvarci solo con la partecipazione. Bisogna fare questo scatto".

Va detto che per la scuola è stato comunque fatto poco.

"Poco? Direi niente. La pandemia poteva essere un’occasione per investire in spazi e docenti. Invece abbiamo perso l’estate scorsa a parlare dei banchi a rotelle e questa la stiamo sprecando a discutere sui vaccini. L’85% dei professori è immunizzato, non ci sono molte altre categorie che possono contare numeri così alti. A me sembrano argomenti per sviare l’attenzione su quello che non è stato fatto: dei problemi strutturali, come le classi-pollaio, non si interessa nessuno. Ovviamente noi docenti siamo tutti molto arrabbiati".

Anche la politica non sembra molto decisa su dad. È per tenersi buoni i milioni di voti del personale scolastico?

"Sia il premier Mario Draghi che il ministro per l’Istruzione Patrizio Bianchi hanno detto a più riprese che la scuola è tale solo se è in presenza. A noi non basta che lo dicano. Devono accompagnare le promesse con degli investimenti".

Alla fine per ripartire a settembre tutti in classe servirà l’obbligo vaccinale?

"Se tutti capissimo che deve essere tutelato l’interesse collettivo, nonostante tutta la confusione che è stata fatta sui vaccini, non ce ne sarebbe bisogno".

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