Menu di Natale 2020: pranzo in Emilia Romagna. Le ricette tipiche

Primo, secondo e dolce: viaggio culinario nelle province della terra dei sapori. Molte le idee per le feste

Menu di Natale: a Bologna non può mancare il tortellino

Menu di Natale: a Bologna non può mancare il tortellino

Bologna, 11 dicembre 2020 – Quanti e quali saranno gli ospiti ammessi alla nostra tavola, tra decreti, deroghe e possibili eccezioni, non lo sappiamo ancora, mentre le sole certezze granitiche, Covid o non Covid, riguardano il menu di Natale. Sotto le feste, infatti, ogni provincia della regione si riconcilia con il proprio passato, spolverando taglieri e mattarelli all'insegna del recupero di quelle tradizioni che spesso, negli altri periodi dell'anno, cedono il posto alla sushata del venerdì, agli spuntini vegani e alle contaminazioni etniche.

Le ricette tipiche delle Marche

Ma adesso no. Non quando le nonne si rimboccano le maniche e i nipoti sentono già l'acquolina in bocca. Non quando il freddo della pianura si fa intenso come in montagna e il nostro stomaco chiede a gran voce qualcosa che lo metta in moto. Per iniziare a entrare in atmosfera, quindi, potrebbe essere utile curiosare avanti e indietro dall'Adriatico alle rive del Po, per scoprire che cosa proprio non può mancare sulla mensa delle famiglie dell'Emilia e Romagna. Dal primo piatto al dolce, tenendo presente che i protagonisti assoluti, di questi tempi, sono quasi sempre la pasta ripiena e l'accoppiata arrosti/bolliti.

Con qualche eccezione, però, e con la consapevolezza che, in alcuni casi, le ricette proposte potrebbero andare bene tanto per Rimini quanto per Cesena, tanto per Parma quanto per Piacenza, tanto per Modena quanto per Reggio Emilia. Diverso, invece, il caso dei dolci, che quasi sempre si legano in modo strettissimo a una e una sola città, dando scandalo se vengono portati in trasferta, anche solo per una manciata di chilometri.

Menu di Natale: Bologna e il tortellino petroniano

Cominciamo, però, con la grassa Bologna, dove il tortellino del 25 dicembre è, ovviamente, quello petroniano, col ripieno a crudo e le proporzioni di sfoglia e carni vergate sul marmo dalla locale Camera di Commercio. Poi, come secondo, viene il turno di quel grasso cappone che è servito a preparare il brodo per la prima portata, ripassato e abbrustolito nel forno e accompagnato, spesso, dalle patate. Infine, per chiudere, il ricchissimo certosino, erede in odore di monachesimo dell'antico panspeziale e frutto dell'incontro tra miele, canditi, mandorle, cioccolato, uvetta e pinoli. Risalendo la via Emilia verso nord-ovest e approdando a Modena, invece, il tortellino assume le caratteristiche tipiche del luogo, con il ripieno precotto e il prosciutto crudo che, spesso, sopravanza nei dosaggi la mortadella. Poi, parlando di carne, non si può evitare di citare quella bollita, accompagnata dalle salse rosse e verdi e divisa fra manzo, con la lingua sugli scudi, pollo (o, meglio, gallina) e maiale, con lo zampone mirandolese e i cotechini suoi cugini. Come dolce, largo ai tortelli di Natale, le mezzelune fritte e zuccherate che nascondono un cuore di crema pasticcera.

Reggio Emilia, dulcis in fundo il biscione

Se si procede ancora a Occidente, poi, si approda a Reggio Emilia, città del Tricolore ma pure dei cappelletti reggiani, buoni, per i puristi, solamente in brodo e ancora una volta ripieni di carne, ma un poco più grandi dei più noti tortellini. Un secondo piatto tipico, invece, è il sontuoso arrosto ripieno alla reggiana, con la fesa di vitello farcita di uova, spinaci e formaggio e avvolta, perché il grasso ci vuole, nella pancetta croccante. Dulcis in fundo, il biscione, che dei panoni suoi parenti conserva le mandorle e i canditi ma che assume una forma allungata e viene ricoperto di meringa.

Parma, ecco gli anolini

La successiva tappa del viaggio non può essere che Parma, dove la pasta ripiena per eccellenza sono gli antichi anolini, senza buco al centro e spesso caratterizzati dal bordo seghettato, con lo stracotto di carne dolcemente schiacciato tra due cerchi di pasta di diametro variabile tra i 2 e i 4 centimetri. Una proposta per il secondo, tra i tanti tagli di carne che la provincia offre e al netto dei gustosissimi salumi, potrebbe essere il cotechino, grazie al quale diventa nobile anche la pelle del maiale, mentre il dolce sarà la spongata, torta a base di mostarda, frutta candita, pinoli e mandorle.

Piacenza e i tortelli con la coda

Ultimo baluardo emiliano a due passi da Lombardia e Liguria, infine, è Piacenza, dove un'alternativa natalizia agli onnipresenti pisarèi coi fagioli è rappresentata dai tortelli con la coda, attorcigliati su se stessi in una maniera più semplice da vedere che da spiegare e ripieni di spinaci e formaggi. Dopo i tortelli, virando sul carrello degli arrosti e considerando che Piacenza, spesso, fa rima con coppa, sarà il turno della coppa piacentina arrostita, fragrante e saporita e seguita, come tradizione impone, dalla locale ciambella, detta busslan, spolverata di zucchero a velo.

Ferrara, la regina è la salama da sugo

Seguendo il Po verso Est, ancora, approderemo nella patria degli Este, Ferrara, dove il cappelletto diventa cappellaccio, dolcemente ripieno di zucca, meglio se violina, e condito, volendo, con un ricco ragù di carne. Ma la regina della cucina estense, si sa, resta la nobile salama da sugo, un insaccato di origine rinascimentale che esiste solo qui, frutto dell'incontro tra diversi tagli di carne di suina, spezie, interiora e vino rosso. Per finire il pasto, invece, abbiamo pensato al pampapato, pane arricchito tipico di molte zone d'Italia che deve il nome non al pepe, ma al Papa.

Ravenna, patria dei cappelletti al formaggio

A sud del Delta, proseguendo il tour lungo la costa, troveremo l'augusta Ravenna, capitale di imperi e, da buona romagnola, patria dei cappelletti al formaggio, da gustare annegati nel brodo grasso e con una dose generosa di formaggio grattuggiato. E dopo la pasta, in ragione degli antichi rapporti con l'Oriente greco e bizantino, la braciola di castrato, con la carne ovina che, per un momento, si prende il posto d'onore in una regione tanto votata al culto del maiale. Infine, dolce povero di nascita ma ricco di gusto, il castagnaccio alla romagnola, trionfo di uvetta e marroni.

Forlì-Cesena, il bustrengo svuota la dispensa

Penultima sosta del viaggio, la provincia cuore della Romagna, Forlì-Cesena, buona per assaggiare quei passatelli in brodo (o anche asciutti, in decine di varianti gourmet) che ci consentono, per un attimo, di lasciare da parte le paste ripiene. E vista l'anima contadina di buona parte di questo territorio, affacciato sì sul mare ma, come insegna l'Artusi, profondamente legato alla terra, perché non proseguire con una luculliana grigliata mista alla romagnola? E in chiusura, il bustrengo, la torta 'svuota dispensa' che lega in un solo piatto il meglio di quel che offre la stagione.

Rimini, il cappone in galantina non è secondo a nessuno

Ogni avventura, purtroppo, deve concludersi e a farci finire in bellezza penserà la gaudente Rimini, dove Federico Fellini, a Natale, avrebbe certamente assaggiato un piatto di cappelletti, ancora una volta ripieni di formaggio ma conditi in questo caso, anziché con il brodo, con il ragù alla romagnola. E dopo il cappelletto, lo zampone e il cappone in galantina, per potersi riservare una scelta fra caldo e freddo e fra maiale e pollame. Ultimo ma non ultimo, il tronchetto natalizio, il tipico involto con la crema di mascarpone all'interno e il cioccolato a fare da vestito. Vestito della Festa.