Piazza Fontana, Forlani: "Tentativo eversivo"

A 94 anni compiuti da pochi giorni, l’ex premier pesarese, nel ’69 segretario della Dc, torna a parlare della strage che cambiò la storia

Un’immagine dell’orribile strage

Un’immagine dell’orribile strage

Pesaro, 13 dicembre 2019 - Ci sono storie che non diventeranno mai solo Storia. Perché quando un boato dalla scia acre e pungente scuote milioni di anime, non può solo fossilizzarsi in un fatto. Ma diventa un affare umano. E di quell’umano non può scordarsi, ad appena quattro giorni dal suo novantaquattresimo compleanno, Arnaldo Forlani. Dalla sua casa romana, dove con discrezione osserva ancora le nervature scoperte del Paese, l’ex pilastro della Prima Repubblica e del Caf, non può non ricordare il mezzo secolo dalla deflagrazione della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Quando a saltare furono le casse e i corpi straziati e quando a rischiare di saltare fu la cassaforte della democrazia italiana, costruita con sacrificio e pazienza dopo l’infinita era del fascismo. Quel giorno, ricorda Forlani con sofferenza, andò per aria l’idea d’Italia repubblicana, rimessa in piedi con immane fatica. "Un tentativo così eversivo – sospira l’ex premier pesarese – al quale, per fortuna, c’è stata una risposta unanime". E ribadisce, con forza: "Risposta unanime contro tentativi antidemocratici e sbocchi autoritari".

In pratica, un commento che richiama l’eco di interventi passati: " Nessuno può partire – disse in un discorso dell’81 – da una presunzione che escluda collegamenti internazionali e coordinazioni esterne". Per poi sottolineare: "Occorre riflettere sulla ambiguità del fenomeno terroristico e sulle componenti contraddittorie che vi concorrono, convergenti nel proposito di rendere sempre più aspre le condizioni dello scontro". Il refrain è dunque quello, già pronunciato in quegli anni: "Non lasciarsi condizionare in nessun senso dal terrorismo".

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Il terremoto umano e politico di piazza Fontana tramortì il Paese al secondo mese (neanche) di vertice alla DC di Arnaldo Forlani. Nel novembre ‘69 assunse la guida della segreteria dello Scudocrociato dopo il precedente incarico all’allora Ministero delle Partecipazioni Statali. Fu la scia degli eccidi post piazza Fontana a solcare la tormentata mulattiera della ripresa della democrazia italiana. Nel ‘72, e non lo si ricorda abbastanza, Forlani fu l’unico a mettere seccamente in guardia i boia dello stato repubblicano. A La Spezia, in un discorso elettorale, il più ‘famoso’ ma non certo celebre, disse a chiare lettere: "E’ stato operato il tentativo più pericoloso che la destra reazionaria abbia mai tentato e portato avanti, dalla Liberazione a oggi, con una trama disgregante che aveva radici organizzative e finanziarie consistenti, che ha trovato solidarietà internazionali".

Ma l’allarme non era mica cessato. Forlani lo mise in chiaro: "Questo tentativo non è finito. Noi sappiamo in modo documentato che questo tentativo è ancora in corso". A La Spezia, seguì un corollario di discorsi forlaniani che non la mandavano a dire. Anche sul fronte del terrorismo rosso, che l’ex premier pesarese contribuì a stroncare: coraggiosi riferimenti a potenze straniere e tentativi disgreganti (destabilizzare per stabilizzare, in sostanza), condivano gli apparentemente monocordi interventi. Fino all’81, l’anno dei barbari omicidi brigatisti, talvolta anche dalla vaga sembianza di rappresaglie di colore nero. Una strategia della tensione organica alla spina dorsale del Paese. Piazza Fontana ricorre a quattro giorni dal compleanno dell’ultimo statista di quegli anni. L’ultimo a ricordare quel tunnel nero non solo come una lapide. Ma come ferita permanente. Di anni mai troppo lontani per divenire solo Storia.