Premio Campiello 2020 Guccini quarto. "Ma io avevo previsto tutto questo"

Il maestrone finalista inatteso con “Tralummescuro”. A Venezia confida: "È molto più difficile scrivere una canzone che un libro". La figlia Teresa su Instagram: "Papà sarai sempre un mago di parole"

Francesco Guccini (Foto Ansa)

Francesco Guccini (Foto Ansa)

Venezia, 6 settembre 2020 -  È arrivato quarto. «Tanto non vinco mica». Francesco Guccini, da buon montanaro, ha ripetuto come un mantra per tutta la settimana questa frase scaramantica in attesa di chiudere le valigie venerdì per trasferirsi con la moglie Raffaella dalla deserta Pavana all’abbagliante piazza San Marco per la finale del Campiello.

In quella Venezia «appoggiata sul mare» (come recita il testo di una sua vecchia canzone), da cui comunque nelle prime ore di questa domenica, spente le luci della serata di gala, se ne è andato di buon ora per non restare imprigionato nel caos della regata storica. Un traguardo inatteso, già quello di entrare nella mitica cinquina del premio, per uno come lui che ha sognato fin da bambino di fare lo scrittore ma che ha guadagnato grande popolarità con la canzone.

 

 

Con le 280 pagine di Tralummescuro (Giunti editore), l’inatteso è arrivato e Francesco si è ritrovato in questi due ultimi giorni a condividere il tempo, nel sontuoso albergo sul Canal Grande, con i protagonisti dell’industria letteraria. Incontri, foto, sorrisi, aspettando l’inappellabile giudizio dei Trecento Lettori anonimi di ieri sera. «È molto più difficile scrivere una canzone che un libro – ha detto ieri mattina un po’ a sorpresa alla conferenza stampa di rito a Palazzo Franchetti –. Con le canzoni devi associare le parole alla musica, comporre versi, trovare un argomento. Con la prosa no, vado avanti come un treno».

E così se di canzoni non ne compone più («c’è però l’idea di tradurre qualche mio pezzo in un fumetto», svela), ai libri continua a lavorare. In attesa del nuovo romanzo a quattro mani con Loriano Macchiavelli (una ghost story ambientata sull’Appennino di cui non vuole dire di più), Francesco sta scrivendo un racconto incentrato «su una cena dei nostri giorni». Durante l’incontro di ieri qualcuno gli ha chiesto conto di questi difficili giorni segnati dal Covid e lui ha profetizzato che questa vicenda non ci insegnerà nulla «perché la storia si dimentica troppo facilmente e così sarà di questa pandemia». «Siamo in ripresa – ha aggiunto – ma fino a un certo punto, anche se spero in una rinascita. Di sicuro non scriverò nessuna canzone sul Covid visto che non ne compongo da tempo». Guccini, in compenso, lo si continua a cantare.

Il 9 ottobre è già annunciata l’uscita del secondo volume di Note di viaggio, la raccolta delle sue più belle canzoni prodotte e arrangiate da Mauro Pagani e interpretate dalle grandi voci della musica italiana. Stavolta si misureranno con i pezzi di Francesco Vinicio Capossela, Emma, Fabio Ilacqua, Petra Magoni, Mahmood, Fiorella Mannoia, Ermal Meta, Gianna Nannini, Jack Savoretti, Roberto Vecchioni e Zucchero. La letteratura, allora. Il Maestrone ha scritto il suo primo romanzo, complice l’uso del computer che gli permetteva di tagliare e incollare a proprio piacimento le pagine, nel 1989. Il libro del debutto è Cròniche Epàfaniche e, insieme a Vacca d’un cane (1993) e Cittanòva blues (2003), costituisce un trittico autobiografico del quale Tralummescuro rappresenta una sorta di continuazione.

«Questo mio ultimo libro – dice – è un viaggio tra malinconia e ironia, una ballata di persone, ricordi, cose del tempo perduto, un percorso tra passato e presente». Tralummescuro indica quel momento particolare della giornata che sta fra la luce e la notte. «È un nome che si usa sull’Appennino per quell’ora di pace – dice –. Il titolo è la spia del linguaggio che ho adottato e curato fino allo sfinimento. Lavoro sull’italiano parlato a Pavana, contaminato dal toscano, e per rendere tutto più chiaro ho voluto che nel libro ci fossero note a pie’ pagina e un glossario finale".