Prosecco, Parmigiano reggiano, mozzarella: serve uno 'scudo spaziale' contro le imitazioni

Troppi prodotti italiani sono copiati all'estero con nomi somiglianti: Prosek, Regianito, Grana parrano. Ora basta l'Italia deve ribellarsi

Il Prosecco al centro di una diatriba con la Ue

Il Prosecco al centro di una diatriba con la Ue

Bologna, 15 settembre 2021 -  Se li conosci li imiti. L'Italia è accerchiata, assediata, sotto attacco continuo: mezzo mondo copia i nostri prodotti alimentari storpiando i nomi per cercare di mantenere una somiglianza (Italian sounding) che induca in inganno il consumatore. Almeno c'è una consolazione. Significa che la produzione del Made in Italy continua ad essere invidiata perché è la migliore.

Però dobbiamo difenderci di più e meglio. Anche dal fuoco amico dell'Europa che a volte si comporta in modo strabico. Ultimo esempio: c'è il primo sì di Bruxelles ad autorizzare il Prosek croato, un prodotto che scimmiotta chiaramente il prosecco veneto una eccellenza di cui l'Italia va orgogliosa. Il 2021, infatti, ha fatto registrare un aumento record delle esportazioni di Prosecco, pari al 17% rispetto a quello dell’anno precedente nonostante il periodo difficile che abbiamo alle spalle.

Un'analisi di Coldiretti evidenzia che oltre 120 milioni di bottiglie sono state spedite oltre i nostri confini. Una crescita che fa del Prosecco "il vino più esportato a livello mondiale". Ecco perché l'Italia si sta ribellando alla vergogna del Prosek. Certo, la Croazia è libera di produrre il vino, ci mancherebbe. Ma non può copiare il nome pensando di cavarsela con una ridicola K finale. Sciocchezze che l'Europa vuole autorizzare senza rendersi conto di ciò che fa e dei danni che arreca all'Italia. Già Bruxelles non ci tutela sui migranti e adesso ci danneggia anche sul vino. Sul vino, peraltro, la Ue ha allo studio  un'altra proposta demenziale: una nuova regolamentazione del vino annacquato, cioè con una quantità di alcol azzerata o molto bassa, che consentirebbe ai produttori di applicare le famose etichette di origine, come Igp e Doc, senza alcol. pazzia pura.

Sul Prosek il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, il senatore Gian Marco Centinaio, intanto, ha alzato la voce, ma del resto la ribellione è trasversale da destra a sinistra. "Non solo il Prosecco, ma anche altre eccellenze simbolo del nostro agroalimentare Made in Italy sono vittima in questo momento di tentativi di 'scippo' da parte di altri Paesi. Un altro caso vede come oggetto del contendere l'Aceto balsamico che la Slovenia vorrebbe trasformare in uno standard di prodotto, come ha ricordato il Consorzio di tutela dell'aceto balsamico di Modena Igp. Davanti a questi continui attacchi propongo al ministro Patuanelli che accanto al tavolo tecnico sul Prosek si possa costituire al più presto una task force permanente presso il Mipaaf che si occupi della difesa di tutte le nostre denominazioni".

In realtà la politica italiana sostiene da tempo di voler creare uno 'scudo spaziale' contro le imitazioni ma si è visto ben poco. La popolarità del Made in Italy è tale da far crescere di un’economia parallela e semi abusiva che, sfruttando le assonanze dei nomi italiani più famosi in cucina come il Parmigiano Reggiano, la Mozzarella, sottrae consistenti quote di mercato alle aziende italiane, causando un giro d’affari annuo di circa 60 miliardi di euro.

Ecco i prodotti più imitati secondo l'analisi di Coldiretti: Parmigiano Reggiano, Mozzarella di bufala, Prosecco, Pecorino, Gorgonzola, Grana Padano, Prosciutto San Daniele, Asiago, Chianti, Salame. Così, sugli scaffali statunitensi troviamo Parmesan, o Parmesao se ci troviamo in Brasile, Zottarella, Kressecco, Romanello, Cambozola, Grana Parrano, San Daniele Ham, Asiago Cheese, Chianticella, Salama Napoli. 

Il tempo è scaduto, è l'ora della legittima difesa.