Editoriale

Quei due mondi da rispettare dentro le classi

E’ dura la vita dello studente, lo è altrettanto quella dell’insegnante. Ce lo raccontava, qualche anno fa, il film ’La classe’ che seguiva con la precisione dell’entomologo un gruppo di 25 studenti di un liceo della periferia francese. E le traiettorie dei due mondi, così interconnesse e così dipendenti, avevano senso proprio in virtù della loro unione, della loro fusione. Modulate, sbalzate, trasformate l’una dall’altra. Solo nell’incontro, e dunque anche nello scontro, si creava il gruppo, con il suo corollario di insegnamenti trasmessi, esperienze di vita, dialoghi. La vicenda di Modena (i ragazzi sorpresi a fumare, il prof che li filma, le presunte aggressioni a vicenda), a prescindere da come sia davvero andata, dimostra proprio questo. Che quando non c’è il confronto la scuola e gli studenti falliscono: è un ragionamento che si può declinare per entrambe le parti in gioco. Gli studenti sono sempre più insofferenti verso le ’istituzioni’ e questo è un problema, sia chiaro, di tutta la società, capace di mettere in discussione a volte basandosi solo su fake news il mondo della sanità, dell’istruzione appunto, della politica, dei media. Si è generato un cortocircuito per cui, in nome di presunte libertà e verità putative, tutto può essere contestato. L’altro equivoco è quello del mondo degli adulti che, spesso, sull’onda del ’Sono ragazzi’ o del ’Noi eravamo meglio’, non capisce davvero le nuove generazioni. Pensare ’Una volta era meglio’ è sbagliato ontologicamente: le situazioni, gli strumenti, le possibilità sono così diverse da rendere impossibili i paragoni. Oppure, ed questa è l’altra faccia della medaglia, gli adulti sono o sospettano di essere dalla parte del torto. Alla fine, forse, è solo una questione di rispetto. E di forme. Così si poteva evitare il ricorso alle forze dell’ordine. Così si potrà evitare una disgregazione altrimenti inevitabile.