Caso Sara Pedri, la vice Liliana Mereu: "Regole rispettate"

Il caso della ginecologa scomparsa: sentita dalla commissione disciplinare dell’Ausl di Trento anche il braccio destro del primario Tateo

Sara Pedri

Sara Pedri

Forlì, 22 agosto 2021 - Anche la dottoressa Liliana Mereu, venerdì, ha scelto di difendersi chiedendo l’archiviazione e il reintegro in reparto, nel corso della commissione dell’ufficio procedimenti disciplinari dell’azienda sanitaria trentina per fare chiarezza sul clima all’interno dell’Unità operativa di Ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Un clima che sarebbe "peggiorato", stando al racconto di alcune professioniste, dopo l’arrivo della dottoressa Mereu, vice del primario di Ginecologia, Saverio Tateo (il professionista, sentito mercoledì, ha ribadito la correttezza del suo operato). Una situazione ambientale che avrebbe contribuito all’allontanamento della ginecologa forlivese Sara Pedri, scomparsa nel nulla il 4 marzo (l’ipotesi è che la 32enne si sia tolta la vita).

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Stando ai verbali delle ginecologhe, la dottoressa Mereu si sarebbe rivolta alle colleghe, in sala operatoria, con frasi quali "non capite niente, siete delle cretine", rendendole più insicure e spingendosi fino a "ritoccare" i turni di lavoro, così da favorire se stessa e altre colleghe ’privilegiate’. Nelle contestazioni della commissione non c’è nulla su Sara Pedri; l’organo dell’Ausl di Trento sta basando il suo lavoro sul contenuti dei 14 verbali che raccolgono il racconto di alcuni dei 110 professionisti, tra medici, infermieri e ostetriche, sentite dalla commissione interna che ha rilevato "criticità", sulla base delle quali sia Tadeo che Mereu sono stati trasferiti.

La dottoressa Mereu, affiancata dai suoi avvocati Laura Tamilia e Franco Rossi Galante, è stata ascoltata e ha presentato una memoria difensiva. La difesa della dottoressa Mereu ritiene che ci siano "evidenze documentali" che smentirebbero il racconto – "talvolta contradditorio" – delle sue accusatrici. Si tratterebbe poi di contestazioni relative al biennio 2018-2019, già vagliate dall’azienda sanitaria senza rilevare fatti degni di nota. La commissione si sarebbe concentrata sul clima intimidatorio che secondo l’accusa la numero due del reparto avrebbe contribuito a creare.

Un clima di vessazioni e pressioni che la Pedri non avrebbe retto. I turni "non travalicavano mai le ore di lavoro previste dalla contrattazione collettiva – ha precisato la difesa : e comunque non erano il suo compito; lei stessa doveva sottostare alle regole e dare la propria disponibilità, non poteva in alcun modo intervenire". In diversi scritti invece la 32enne forlivese ha sottolineato come all’interno del reparto vi fosse un ambiente "tossico", contraddistinto "da vessazioni continue".