Suicidio assistito, sedazione profonda ed eutanasia. Quali differenze: la spiegazione

Il professor Ugo Ruffolo, docente di Diritto Civile all'Università di Bologna spiega differenze e iter: "Quello di oggi è un passo avanti di civiltà"

Una flebo (foto d'archivio)

Una flebo (foto d'archivio)

Bologna, 16 giugno 2022 - La morte di Federico Carboni, per tutti 'Mario' 44 anni di Senigallia è il primo caso di suicidio assistito in Italia. Questa mattina alle 11,05 il suo cuore si è fermato dopo essersi iniettato il farmaco letale, come prevede il 'suicidio medicalmente assistito', una via diventata percorribile con la sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Abbiamo chiesto al docente di Diritto civile dell'Università di Bologna, professor Ugo Ruffolo di spiegarci le differenze tra eutanasia, suicidio medicalmente assistito e sedazione palliativa continua profonda

Eutanasia, suicidio medicalmente assistito e sedazione profonda: quali differenze normative?

"Innanzitutto è bene spiegare che l'eutanasia non è consentita nel nostro Paese. In Europa è consentita solo in Olanda, Belgio, e Spagna. Anzi in Italia rientra nelle ipotesi previste e punite dall’articolo 579 ('omicidio del consenziente') o dall’articolo 580 ('istigazione o aiuto al suicidio') del Codice PenaleIl termine eutanasia indica l’atto di procurare intenzionalmente e in modo indolore la morte di una persona cosciente e in grado di capire le conseguenze delle proprie azioni e che ne fa esplicita richiesta".

In cosa differisce il suicidio medicalmemente assistito?

"Con l'eutanasia quest'ultimo ha in comune solo la volontà 'libera e consapevole' della persona 'cosciente e in grado di capire le conseguenze delle proprie azioni' che ne fa richiesta e l’esito finale. La differenza riguarda invece le modalità di escuzione e di coinvolgimento altrui: nel caso del suicidio medicalmente assistito è il paziente infatti ad autosomministrarsi il farmaco letale, l’eutanasia invece prevece l’intervento di un medico per la somministrazione". 

In Italia da quando è possibile ricorrere al suicidio assistito?

"Con la sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale, è diventata una via percorribile".

Quali sono le condizioni del paziente richieste per potervi accedere?

"Sono sostanzialmente quattro, secondo la Consulta: la persona che ne fa richiesta (cioè il paziente) deve essere pienamente capace di intendere e volere, deve avere una patologia irreversibile, gravi sofferenze fisiche o psichiche, e deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale. La legge ha stabilito che colui che assiste la persona in questa procedura non è punibile dalla legge".

Sono trascorsi tre anni dalla sentenza della Corte Costituzionale e in questo tempo molti, hanno dovuto percorrere la strada della sedazione profonda. Cosa è successo da allora?

"Stiamo vivendo in una sorta di limbo normativo per una sorta di 'inazione' del Parlamento. Dopo l'intervento della Corte costituzionale il Legislatore sarebbe infatti dovuto intervenire sul suicidio medicalizzato anche alla luce del chiamiamolo, 'vibrante', invito di intervento che la Corte aveva rivolto al Legislatore proprio al fine di non lasciare un vuoto normativo in tal senso. In questi anni sono stati presentati diversi disegni di legge. Nel 2022 è stata depositata la proposta Bazoli e la disposizione in materia di morte volontaria medicalmente assistita è passata in pirma lettura alla Camera. Ora toccherà al Senato decidere in materia".

Un iter lungo che ha convinto molti a 'ripegare' sulla sedazione profonda. Come è stato per Fabio Ridolfi, il 46enne di Fermignano e per Antonio La Forgia, l'ex presidente della Regione Emilia Romagna. Qual è il suo commento a riguardo?

"La sedazione profonda è una folle ipocrisia. Una pratica disumana".

In cosa consiste?

"Regolamentata dalla legge (219 del 2017) sulle Dat (disposizioni anticipate di trattamento) il paziente può chiedere di essere sedato in maniera continua e di interrompere al tempo stesso ogni forma di terapia, compresa quella nutrizionale. Si chiama palliativa e profonda perché induce una copertura della sofferenza che caratterizza le fasi finali della vita togliendo oltre il dolore anche lo stato di coscienza, pur mantenendo inalterate le capacità vitali. Una fase che può durare ore, ma anche giorni. Credo invece che ciò che è successo oggi rappresenti un passo avanti di civiltà. Credo che ognuno di noi abbia il diritto di vivere una vita che possa dirsi degna. Ma che proprio per questo, al contrario, in situazioni di estrema sofferenza psichica e fisica si debba avere il diritto di scegliere di non viverla".