Terremoto Umbria e Marche, dove e quali sono le faglie

Torna la paura in Centro Italia dopo le scosse a Umbertide e nel Maceratese: cosa dicono gli esperti

Ancona, 10 marzo 2023 – Si è tornati a parlare di terremoto dopo le forti scosse in Umbria (con epicentro a Umbertide, in provincia di Perugia: alle 16,05 magnitudo di 4.4, alle 20,08 magnitudo 4.6, dopo qualche minuto la terza scossa 3.8) di ieri e quelle nelle Marche di stanotte (una scossa di magnitudo 2.6 alle 2.12, con epicentro a Pollenza, nel Maceratese). Due zone delicate perché proprio lì ci sono due faglie attive a cui gli esperti sismologi dedicano attenzione. 

Approfondisci:

Terremoto Cesenatico e la faglia in Romagna: cosa sappiamo

Terremoto Cesenatico e la faglia in Romagna: cosa sappiamo

La prima, in particolare, è una faglia importante perché è la stessa che ha causato negli anni i sismi de L’Aquila e di Amatrice, ma anche di Colfiorito e Gubbio. È denominata Alto Tiberina ed è lunga ben 30 km. Si estende da Barberino di Mugello (in provincia di Firenze) a nord fino a Castel di Sangro in provincia de L’Aquila a sud, come si può vedere nella cartina del catalogo Diss dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che riporta tutte le faglie presenti in Italia. 

La seconda faglia, invece, si estende dal nord di Macerata fino a diversi chilometri a sud di Teramo. Tra le due fratture ci sono altre diverse faglie e le Marche, in particolare, sono caratterizzate da fenditure lungo quasi tutta la costa.

Ne conviene dunque che sia una zona delicata dal punto di vista sismico, come si è visto nel corso della storia. Senza dimenticare poi che parliamo degli Appennini, che sono montagne ‘vive’, dal punto di vista sismico. 

Salvatore Stramondo, direttore dell'Osservatorio nazionale terremoti Ingv, commentando il terremoto di Umbertide, ha dichiarato che la zona colpita "ha una sismicità storica e recente importante”. Infatti, “il terremoto è avvenuto in un'area in cui il meccanismo è quello estensionale, tipico della zona degli Appennini". Il ricercatore dell'Ingv nella sede di Arezzo, Thomas Braun, appena la terra ha tremato ha subito fatto saper che “con molta probabilità” si trattava della “faglia Alto Tiberina”, che appunto è una faglia molto attiva.

"L'Appennino è come se fosse spezzato – ha detto Braun – c'è la parte nord orientale che si muove verso la zona balcanica con 1 o 2 millimetri l'anno, mentre l'altra parte sta ferma. Per ‘accomodare’ questo stress si verificano i terremoti”.

Su questa faglia, dove le scosse registrate ieri sono state “abbastanza superficiali” – ha detto Claudio Chiarabba, direttore del Dipartimento Terremoti dell’Ingv – “sono stati istallati una serie di strumenti multiparametrici (sismici, geodetici e geochimici) per studiare a fondo le caratteristiche e l'eventuale capacità di generare terremoti, in teoria difficile per la sua geometria a basso angolo”.