Tutto chiede salvezza, il cast: "Noi, ragazzi fragili in una società che vuole i vincenti"

Nell'ambito della festa di "Luce!" spazio anche a una serie Netflix di grandissimo successo

Firenze, 26 novembre 2022 - "Tutto chiede salvezza" è una serie Netflix di grandissimo successo. Parla della salute mentale e di un gruppo di ragazzi che soffre. Guardata da giovani e meno giovani. Sul palco di "Luce!" il vicedirettore de La Nazione Luigi Caroppo dialoga con il cast: ci sono il regista Francesco Bruni oltre a Vincenzo Nemolato e Lorenzo Renzi. E viene fatto un paragone con l'esperienza di Barbiana e di Lorenzo Milani. "Don Milani - dice il regista Francesco Bruni - fu un grandissimo precursore ma la sua figura è al centro del progetto. C'è somiglianza perché i protagonisti di 'Tutto chiede salvezza' sono dei diseredati ma non hanno Don Milani al centro. Tra di loro riescono a superare i drammi individuali e questa è la cosa più interessante". 

"La tematica della salute mentale è molto sentita da parte del pubblico - dice Lorenzo Renzi - Credo che il problema sia a monte, che sia governativo. Ci vorrebbe un'attenzione molto più importante nei confronti delle strutture tese al reinserimento nel veicolare queste persone a un benessere maggiore. Credo che dovremmo guardare un po' più in alto". 

"Adesso nel cinema si parla molto del superpotere di un ipotetico personaggio - dice Bruni -. Molti dei ragazzi hanno come superpotere l'empatia, che di fronte al dolore degli altri si sente male al punto da impazzire. Si salvano scoprendo dei simili con cui condividere l'esperienza della sofferenza scoprendosi meno soli, meno strani di quello che pensavano di essere". 

Sull'importanza dell'ascolto delle persone fragili, "questo dovrebbe venire dall'ambiente familiare, ma spesso non abbiamo genitori empatici. Una delle cose su cui discutere è l'inserimento di un professionista, di uno psicologo aperta agli studenti a scuola. Sarebbe un enorme passo avanti perché la soglia che divide i 'normali' dai disagi psichici è labile". 

La necessità di un sistema sanitario vicino alla persona emerge nella serie. "La percezione del disagio - dice il regista Francesco Bruni - ce l'avevo molto forte anche prima della pandemia. Vivo a Trastevere, quartiere della movida in cui il divertimento si trasformava in botte e isteria. Servirebbe lavorare fin dalle scuole su un'assistenza psicologica. E' molto bello che le persone mostrino il loro bisogno di supporto. C'è un grande stress da performance nella società, aggravata dal fatto che vogliamo dare di noi un'immagine vincente e questa è una menzogna. Nella serie c'è il personaggio di Nina, che si fa portatore di questa bandiera: è una ragazza che non ce l'ha fatta più di fronte alla rappresentazione performante di sé che le è stata imposta".